“Il cesareo non serviva”: bimba nasce con gravi danni cerebrali, ospedale dovrà pagare 2,5 milioni

Era il novembre del 2015 quando una donna, alla trentaduesima settimana di gravidanza, venne sottoposta a un parto cesareo all’Ospedale di Pisa. I medici erano convinti che il feto avesse gravi problemi di salute e che non sarebbe sopravvissuto. Ma quella decisione, presa senza reale emergenza e senza le adeguate procedure di protezione fetale, ha cambiato per sempre la vita di una famiglia. La bambina è nata con una paralisi cerebrale infantile e da allora necessita di assistenza sanitaria continua, giorno e notte.
A dieci anni di distanza, il Tribunale di Pisa ha stabilito che quella scelta fu un errore. Il giudice Iolanda Golia, nella sentenza di condanna, ha ricostruito un quadro di negligenza e imperizia medica che non lascia spazio a dubbi: il feto stava bene e sarebbe potuto nascere sano. Il cesareo – si legge nelle motivazioni – "non avrebbe dovuto essere eseguito prima della 38esima settimana, come prevedono le linee guida, salvo emergenze che in questo caso non esistevano".
Secondo quanto accertato, i sanitari confusero alcuni parametri clinici della madre e del feto, ritenendo erroneamente necessario anticipare la nascita. Una decisione che, scrivono i giudici, "è stata presa con imperizia e negligenza", causando i danni neurologici irreversibili che hanno segnato la bambina per tutta la vita.
Nel dispositivo, la Corte parla di "un epilogo indubbiamente e univocamente ascrivibile alla sola prematurità, condizione che si è potuta concretizzare esclusivamente per effetto dell’errato comportamento clinico dei sanitari". Il parto cesareo – definito "immotivato" – non fu nemmeno preceduto dall’uso del solfato di magnesio, una terapia di neuroprotezione fetale indicata in casi di parto prematuro e che, se somministrata, avrebbe potuto evitare i danni cerebrali.
Il Tribunale ha ritenuto l’Azienda ospedaliera universitaria pisana l’unica responsabile dell’accaduto e l’ha condannata a risarcire la bambina e la sua famiglia con una somma di circa 2 milioni e 500 mila euro, più interessi e spese legali. La sentenza è immediatamente esecutiva e non è stata appellata: l’ospedale dovrà provvedere al pagamento nei prossimi giorni.
Una decisione che arriva dopo un lungo percorso giudiziario, durante il quale la famiglia – di origini livornesi – ha cercato giustizia per le conseguenze di quella scelta medica. Per il giudice, la catena causale è chiara: l’intervento non era necessario, la procedura non rispettava le linee guida e le omissioni nelle misure di protezione del feto hanno determinato il danno permanente.
L’avvocato Paolo Vinci, legale dei genitori, ha espresso soddisfazione per una decisione che chiude una vicenda dolorosa durata anni. "Restituisce giustizia a chi ha subito un danno ingiusto", ha commentato, precisando che il suo obiettivo "non è attaccare la classe medica, ma tutelare le vittime, affinché episodi simili non si ripetano".