Il censimento sul sesso a pagamento: saranno tassate anche le prostitute?

In materia di evasione fiscale il Governo si sta prodigando a tutto campo. Dall'abolizione del segreto bancario alle limitazioni sui pagamenti in contanti, passando per il redditometro e la Mega banca-dati, Monti ei suoi uomini hanno indetto una vera e propria caccia ai 15 milioni furbetti che ogni anno non pagano 200 miliardi di imposte allo Stato.
Nulla di cui sorprendersi, dunque, se l'autorità indice un censimento delle prostitute con lo scopo di fornire i dati al fisco per una futura tassazione dei guadagni delle "lucciole". Nome, cognome, residenza, luogo e data di nascita, telefono ed estremi del documento d’identità. Poi ci sono le domande più generiche: "Da quanto tempo fai questo lavoro", "Quanto guadagni ogni giorno", "Qual è il compenso medio della prestazione", ed altre simili. Nulla di cui sorprendersi, se non fosse che la legge Merlin del 1958 vieta la prostituzione e, allo stesso tempo, proibisce alle forze dell'ordine di registrare in modo diretto o indiretto dati sulle donne che vendono il loro corpo o che sono sospettate di farlo. E' dunque un abuso quello perpetrato per tre mesi dai carabinieri della compagnia Bologna centro e i colleghi del radiomobile che, come riporta Corriere.it, hanno battuto i viali del capoluogo emiliano armati di un modulo operativo sul quale annotare tutte le informazioni più utili.
I carabinieri: «I dati saranno girati al Fisco»
Strano però che la trasgressione della legge venga proprio da chi la legge deve farla rispettare. Ma i carabinieri rigettano le accuse: «Non è un questionario, nessuna schedatura – si difende l'Arma – è un modulo che serve per capire chi sono le prostitute, in che condizioni vivono, se pagano affitti regolari e quanto guadagnano. I dati verranno poi girati all’Agenzia delle Entrate per le verifiche fiscali».
L'iniziativa è indirizzata proprio a tracciare gli introiti delle donne di strada e magari sottoporli a tassazione visto che guadagnano, a quanto pare, fino a 500 euro al giorno, per quasi 200 mila l’anno. Soldi che naturalmente finiscono nelle mani di chissà quali organizzazioni mafiose. Dai dati del "censimento" è venuto fuori che la stragrande maggioranza (il 95%) delle prostitute "bolognesi" è di nazionalità romena, a seguire— distaccatissime — le russe (1,8%), quindi moldave e uruguaiane (1,6%). L'età medie si aggira intorno ai 26 anni, ma a fare il mestiere più vecchio del mondo finiscono pure delle ragazze appena minorenni e delle over 40.
Le proteste delle associazioni
Il questionario sul lavoro delle lucciole non è piaciuto a tutti, come fa notare il Fatto Quotidiano. A partire dall'associazione Fiori di Strada, onlus che da anni lotta contro la tratta di prostitute, che fa notare come «la maggior parte delle informazioni raccolte sarà inattendibile» .«Non si può dimenticare infatti- il responsabile Antonio Dercenno- che spesso la vita di queste persone è costruita su menzogne. Anche ai carabinieri le ragazze avranno detto delle sciocchezze». Manifesta indignazione pure il Comitato per i diritti civili delle prostitute per «fatto molto grave», che cozza con la suddetta legge Merlin del 1958.
La prostituzione nel nostro Paese non andrebbe depenalizzata?
A ben vedere il censimento delle prostitute porta a farsi un paio di domande. Innanzitutto: se ci sono dati e informazione registrati e «poi girati all’Agenzia delle Entrate per le verifiche fiscali», allora vuol dire che la prostituzione nel nostro Paese non è più vietata? No, non è proprio così. Purtroppo. Ma nel 2012 non si può certo gridare allo scandalo se si sente parlare di depenalizzazione del mestiere più vecchio del mondo. Forse bisognerebbe dare ascolto a coloro che da anni chiedono di regolamentare dal punto di vista sanitario e fiscale – appunto-quello che è un lavoro a tutti gli effetti, ma che oggi, come detto, nutre solo le reti criminali internazionale. Forse un censimento della prostituzione andrebbe fatto non solo a Bologna, ma in tutta Italia.