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Omicidio Chiara Poggi: il delitto di Garlasco

I genitori di Chiara Poggi mostrano la borsa trovata sul luogo del delitto: “Non fu mai rubata”

I genitori di Chiara Poggi hanno smentito il furto della borsa della figlia, uccisa nell’agosto 2007 a Garlasco e per il cui delitto è stato condannato in via definitiva il fidanzato Alberto Stasi. I due coniugi hanno mostrato la borsa presente sulla scena del crimine alle telecamere di Mediaset.
A cura di Gabriella Mazzeo
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La borsa di Chiara Poggi, screen dal video di Tgcom24
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"Questa borsa non è mai sparita nel nulla, ce l'abbiamo noi. Ci è stata restituita dai carabinieri qualche giorno dopo il 13 agosto, quando Chiara fu uccisa". A parlare sono i genitori di Chiara Poggi, assassinata a fine estate del 2007. I due hanno risposto alle domande di Tgcom24 in merito alle indiscrezioni legate al furto della Pinko Bag in uso alla vittima nei giorni prima del delitto. Chiara, secondo quanto riferito anche dall'AGI, aveva con sé la borsa anche la sera del 12 agosto, quando insieme al fidanzato dell'epoca, Alberto Stasi, oggi condannato a 16 anni di reclusione per il delitto, acquistò una pizza.

Nella borsetta vi era infatti lo scontrino della pizzeria, fotografato dagli inquirenti. Gli altri oggetti al suo interno non sarebbero stati mai repertati. "Molti articoli di giornale parlano di questa borsa rubata – spiega ai microfoni di Tgcom24 il padre di Poggi -. Quella borsa però ce l'abbiamo noi, non è mai stata presa e non abbiamo mai denunciato alcun furto. Ci è stata restituita qualche giorno dopo il delitto".

I due coniugi hanno mostrato la borsa alle telecamere, confermando che quello era l'accessorio trovato dagli investigatori sulla scena del crimine. "È vero che abbiamo subito un furto in casa qualche giorno dopo la restituzione della Pinko Bag – spiegano i Poggi – ma la borsa non ci è mai stata sottratta. Lo vogliamo chiarire subito per evitare speculazioni in Tv su una notizia non vera".

I genitori di Poggi sono tornati anche sulla questione del santuario delle Bozzole, sul quale Chiara aveva fatto alcune ricerche online prima di morire. La giovane conservava quanto trovato su internet in una pen drive, apparentemente senza alcun motivo di studio o di lavoro.

Il santuario è stato negli anni al centro di una serie di scandali, dall'inchiesta sui festini hot alle voci di pedofilia, satanismo e "strani suicidi" legati all'ambiente. Per non escludere nulla, gli inquirenti hanno deciso di acquisire gli atti del 2014 relativi ai ricatti a sfondo sessuale rivolti a Don Gregorio Vitali, oggi tornato laico. Secondo quanto emerso dalle indagini, l'uomo era stato ricattato con alcuni suoi filmati hard. I due presunti ricattatori sono poi stati condannati per estorsione ma risultano latitanti.

"Chiara non andava al santuario delle Bozzole – spiega Rita Preda -. Non ha mai frequentato quel posto, neanche da piccola. Ci andava solo il lunedì di Pasqua, come tante altre persone a Garlasco. Il processo sulle Bozzole si è tenuto 7 anni dopo il delitto e poco c'entra con Chiara".

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