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Gomorra: tutti prescritti i reati dell’inchiesta sui rifiuti tossici

L’indagine Cassiopea, che ispirò alcuni passaggi del libro di Roberto Saviano e il successivo film, si è conclusa con un nulla di fatto. Tutti i reati contestati sono caduti in prescrizione per errori e lungaggini burocratiche, così il processo non si farà.
A cura di Antonio Palma
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L'inchiesta Rifiuti analizzata da Saviano

La più grande tra le inchieste italiane sul traffico e lo smaltimento di rifiuti tossici si è conclusa con un non luogo a procedere, degli oltre dodici anni di indagini, intercettazioni, video filmati non resterà nulla, il processo non si farà nemmeno. E’ questo quello che ha deciso il Gup di Santa Maria Capua Vetere, Giovanni Caparco, visti gli atti alla mano e gli anni trascorsi.

Per i 95 imputati, accusati di svariati reati connessi allo sfruttamento del territorio, la salvezza è arrivata dalla prescrizione. L’inchiesta denominata Cassiopea doveva essere una svolta nel contrasto alla malavita organizzata e all’imprenditoria, che gestiva tutta la filiera di smaltimento di rifiuti pericolosi dal nord Italia fino alle campagne casertane. Il contrasto a quelle centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti che le aziende del nord ritenevano più facile e meno costoso affidare alla camorra, che non smaltirle secondo la legge, è stato costellato da errori, ritardi burocratici anche incompetenza.

Eppure molti dei reati contestati sono stati ben dimostrati dalle indagini del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri: Cassiopea, scoperchiò un sistema di traffici che molti conoscevano, ma facevano finta di non vedere. Dall’inizio dell’indagine, nel 1999, sono stati accertati centinaia di reati ambientali a carico di un centinaio di persone tra imprenditori, trasportatori e faccendieri. La filiera era semplice, prendere i rifiuti dalle aziende del nord, trasportarli al sud, cambiare la pericolosità sulla carta e poi sotterrarli nelle campagne coltivate del casertano o nelle cave abbandonate della zona, come ben ha descritto il film di Matteo Garrone.

Dai primi rinvii a giudizio nel 2003 è un susseguirsi di temporeggiamenti, lungaggini formali ed errori, che hanno portato prima alla prescrizione per i reati minori e poi, con la derubricazione di altri reati più gravi, al nulla di fatto di oggi. Fin dall’inizio ci fu incertezza sul reato di associazione mafiosa perché l’indagine si concentrava specificamente sul sistema imprenditoriale. Ma proprio queste indecisioni portarono nel 2005 ad un rimpallo tra la Procura di Santa Maria Capua Vetere e la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che finì per allungare i tempi in maniera spropositata. A fare naufragare definitivamente il processo, infine, i vari difetti di notifica ad avvocati e imputati, che hanno finito per mandare in prescrizione anche i reati più gravi come l’associazione per delinquere e il disastro ambientale.

Come ha ricordato lo stesso Saviano “questo processo avrebbe potuto iniziare un percorso che avrebbe avuto come necessaria conseguenza politica l'investimento nel risanamento e nella bonifica di queste terre”, un processo che sarebbe dovuto scaturire da indagini che hanno determinato l’introduzione del reato di traffico illecito di rifiuti, prima non previsto nel nostro codice penale. Così non è stato, un tentativo, questo, abortito prima ancora di partire.

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