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Guerra in Ucraina

Gli stupri di guerra ci obbligano a non dimenticarci delle donne nel conflitto in Ucraina

La guerra in Ucraina porta con sé tra le tante tragedie anche quella degli stupri che aumentano durante i conflitti. E a farne le spese sono sempre le donne.
A cura di Jennifer Guerra
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(Foto di Hannibal Hanschke/Getty Images)
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Quando scoppia una guerra, le donne scompaiono. Le immagini che ci arrivano dall’Ucraina in questi giorni terribili sono quasi tutti di volti e corpi maschili stretti nelle divise o in abbigliamento militare. Nei suoi video dal fronte, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è attorniato da altri uomini e anche al tavolo delle trattative, con Putin seduto a diversi metri da tutti gli altri, non si vede una singola donna. Non che sia un fatto straordinario o qualcosa di cui indignarsi o stupirsi.

Nessuno chiede di vedere più donne imbracciare fucili o decidere di bombardare questo o quell’obiettivo in nome della parità di genere. Anzi, quello che ci si auspica in questo momento è che nessuna persona, indipendentemente dal genere, debba più combattere o imponga ad altre di farlo. Ma fatta questa doverosa premessa, è necessario chiedere che si mantenga alta l’attenzione sul destino delle donne nel conflitto ucraino, anche se in questo momento sembrano invisibili.

Il pericolo della scomparsa mediatica delle donne in un momento delicato come questo è che le conseguenze devastanti che soffriranno passeranno inosservate o saranno considerate come semplici danni collaterali. Già prima dell’invasione, l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch illustrava una situazione preoccupante per le donne ucraine, che stavano già subendo un accesso ridotto e insufficiente alle cure mediche e ai servizi riproduttivi. Ora che il conflitto è scoppiato e le truppe di Putin prendono di mira anche i civili, la situazione non può che peggiorare.

La preoccupazione principale è quella dell’esposizione alle violenze di genere, denunciata in un comunicato anche dalla direttrice esecutiva dell’Ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere Sima Bahous: “La situazione attuale mette a repentaglio la sicurezza di tutti gli ucraini e espone in particolare le donne e le ragazze a un rischio maggiore di violenza sessuale e di genere, in particolare quelle rifugiate o comunque sfollate dalle loro case. Questi fattori devono essere presi in considerazione in tutti gli sforzi per monitorare e rispondere alla situazione in Ucraina, in modo che i primi segnali di allarme dell'impatto ricevano una risposta adeguata e proporzionata”.

Il rischio di stupri di guerra è estremamente concreto, specialmente per i gruppi più vulnerabili o quelli più esposti, come le combattenti volontarie o le giornaliste. La violenza sessuale viene usata come una vera e propria arma per punire le dissidenti e per rappresaglia nei confronti della popolazione, ma più in generale è un modo per ribadire la conquista del territorio, sotto ogni punto di vista. Lo stupro di guerra rende il corpo delle donne un oggetto a disposizione dei soldati, la cui proprietà viene sancita con l’atto di guerra stesso e in alcuni casi viene sfruttato come forma di pulizia etnica o genocidio. Come ha scritto Susan Brownmiller nel classico del femminismo Contro la nostra volontà, durante i conflitti “si perde la distinzione tra l’uccidere e commettere altre forme inammissibili di violenza, e lo stupro diventa uno sfortunato ma inevitabile sottoprodotto di quel gioco necessario chiamato guerra”. L’irreale situazione di un mondo in cui le donne non ci sono diventa l’unica realtà possibile e legittima i soldati a comportarsi di conseguenza.

Già nel 2014 con l’invasione della Crimea si erano verificati molti stupri di guerra, come quelli raccolti nell’inchiesta-documentario Zero Impunity. Si stima che nel precedente conflitto circa un terzo dei prigionieri e delle prigioniere civili in Donbass abbia subìto violenze sessuali, un fenomeno che nei teatri di guerra può colpire anche vittime di sesso maschile. Si tratta inoltre di stime al ribasso e che non tengono conto delle migliaia di civili che non erano imprigionate, ma hanno avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Ora che la scala del conflitto è decisamente più ampia, è probabile che il numero di vittime aumenterà esponenzialmente, specialmente tra le profughe, le donne rom e le migranti.

Secondo la Corte penale internazionale istituita nel 2002, lo stupro è un crimine di guerra. Ma né la Russia né l’Ucraina sono Paesi che fanno parte della Corte, nonostante abbia aperto un’indagine sui crimini commessi in Donbass già nel 2014. A dicembre 2020, la Corte aveva dichiarato di aver concluso la fase preliminare delle indagini, rilevando “una base ragionevole per ritenere che siano stati commessi crimini di guerra e crimini contro l'umanità”. Alla luce dei nuovi avvenimenti, il tribunale ha annunciato l’avvio di nuove indagini, che andranno a sommarsi a quelle precedenti. Processare gli stupri di guerra è però molto complesso e in passato i tribunali internazionali hanno avuto difficoltà nel riconoscerli come tali, problema a cui si aggiunge anche lo stigma e la vergogna provati dalle vittime, che spesso non vogliono farsi avanti.

Come sosteneva Brownmiller, l’invisibilità è il terreno in cui si creano le condizioni per lo stupro di guerra. Nel momento in cui le donne scompaiono e si crea quell’irreale società di uomini che produce la guerra, l’impunità della violenza trova una forma di legittimazione. Per questo non dobbiamo dimenticarci delle donne in questo conflitto.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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