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Foggia, facevano prostituire minorenni e volevano vendere un neonato. Sei arresti

Sei persone sono state arrestate dalla Squadra Mobile di Foggia per riduzione in schiavitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e sequestro di persona. Le vittime venivano segregate in baracche – lager e costrette a prostituirsi sulla statale 16 Adriatica a suon di botte e frustate.
A cura di Davide Falcioni
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La Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha scoperto un giro di prostituzione minorile nel campo rom di Foggia e fatto scattare sei provvedimenti di fermo nei confronti di altrettante persone di nazionalità romena che facevano prostituire giovani connazionali, sovente a suon di calci e pugni persino durante la gravidanza. Secondo quanto scoperto dagli inquirenti in almeno un caso una vittima sarebbe stata costretta a vendere il figlio che stava per nascere, se non fosse riuscita a mettersi in salvo fuggendo. Le indagini, che sono state coordinate dalle pm Simona Filoni e Caterina Pijola Lombardo, hanno infatti rivelato che erano già stati presi accordi per la vendita del neonato alla cifra di 28mila euro.

In manette sono scattate per sei persone appartenenti a un unico nucleo familiare a capo del quale vi era F.C. capofamiglia ma soprattutto ideatore di un sistema criminale in vera e propria riduzione in schiavitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e sequestro di persona. Tali sono i reati contestati all'uomo e ai suoi cinque familiari (la compagna, i tre figli – due dei quali minorenni – e un'altra persona). Nei confronti di tutti loro sono stati emanati provvedimenti di fermo per interromperne l'attività criminale e stroncare il pericolo di fuga. Le indagini sono scattate in seguito alla denuncia di una minorenne, che tre mesi fa è riuscita a scappare dal campo rom nel quale era stata tenuta segregata per mesi. Incinta e piena di lividi provocati da pugni e cinghiate, ha avuto la forza di chiedere aiuto ad alcuni italiani di un altro campo rom e poi di denunciare tutto alla polizia.

Le indagini hanno svelato che le baracche del campo erano state trasformate in autentici lager, dove le ragazzine venivano chiuse sole e senza mezzi di sostentamento. Ogni notte le giovani venivano trasportate in auto sulla statale 16, e lì costrette a prostituirsi sotto l'attenta "vigilanza" dei caporali. Particolarmente efferato è risultato il comportamento delle due donne del sodalizio criminale, le quali assistevano senza battere ciglio alle violenze commesse dagli uomini per piegare la volontà delle vittime.

L'inchiesta ha mostrato come fosse prassi consolidata quella di costringere le minorenni a vendersi anche nel corso della gravidanza, senza risparmiare violenze e privazioni e addirittura imponendo a una donna – in almeno un caso – di vendere il figlio appena nato a 28mila euro.

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