Fidanzati morti a Policoro, l’ipotesi depistaggio: “Indagate su magistrati, verità nascosta dall’inizio”

Fare luce sul comportamento dei magistrati che indagarono sul decesso di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, i due fidanzati trovati morti a Policoro nel 1988. È quanto chiede Olimpia Fuina, la mamma del ragazzo, assistita dall'avvocato Antonio Fiumefreddo.
Il legale è intenzionato a presentare un esposto alla Procura generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione dopo aver letto un'intervista rilasciata dall'ex magistrato Luigi De Magistris, contenente accuse ai magistrati che al tempo indagarono e anche di fronte al reiterato diniego degli uffici giudiziari competenti alla riapertura delle indagini.
I corpi dei due giovani furono trovati nel bagno dell'abitazione della ragazza e il caso è stato archiviato più volte come incidente domestico. Luca e Marirosa, secondo alcuni, sarebbero morti per folgorazione, per elettrocuzione o per intossicazione da monossido.
Ma sono tanti gli aspetti che smentirebbero queste ipotesi. Primo fra tutti l'assenza di segni sui cadaveri riconducibili alle tre modalità di decesso accidentali, ma anche la presenza di una profonda ferita sulla testa di Marirosa e del ‘fungo schiumoso' in entrambi i corpi, segno di un probabile annegamento.
L'ipotesi sostenuta dai familiari delle vittime, e confermata dal lavoro di esperti che hanno tentato di ricostruire quanto accaduto sulla base delle evidenze raccolte in questi lunghi anni, è che i due ragazzi siano stati brutalmente picchiati e annegati. E che qualcuno abbia tentato di depistare le indagini.
"Il dottor Luigi De Magistris, in una coraggiosa intervista rilasciata alla stampa nazionale, riferendosi alla morte dei due ragazzi, Luca Orioli e Marirosa Andreotta, avvenuta li 23 marzo 1988, ha ribadito che si è trattato di duplice omicidio", ha fatto sapere il legale tramite una nota, inviata anche a Fanpage.it.
L'ex magistrato ha inoltre precisato che "la ricostruzione che ci sembrava più fondata e vicina alla realtà era quella del duplice omicidio, oltre alle condotte di magistrati che avevano portato a ostacolare l'accertamento della verità sin dalle fasi iniziali".
Fiumfreddo sottolinea "la gravità delle affermazioni rese, provenienti da una fonte così qualificata ed attendibile, insieme alla circostanza che gli Uffici giudiziari interessati, di Matera e di Potenza, negano la riapertura delle indagini, ancorché siano acclarati i falsi in perizia e risultino nero su bianco le gravissime accuse su un presunto depistaggio mosse da ufficiali dell'Arma e della Guardia di Finanza".
Tutto ciò, impone alla famiglia di rivolgersi "al Procuratore generale della Repubblica presso al Corte di Cassazione perché valuti se vi siano stati e se vi siano nella condotta di taluni dei magistrati che si sono succeduti nella direzione delle indagini, elementi rilevanti dal punto di vista disciplinare ovvero da quello penale."