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Emergenza sanitaria: la Calabria travolta dai contagi non ha ancora un piano Covid

In Calabria torna l’incubo Covid: per medici e infermieri fronteggiare l’emergenza si fa sempre più difficile a causa delle poche strutture e della carenza di personale sanitario.
A cura di Francesca Lagatta
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Le strutture sanitarie calabresi sono di nuovo nel caos. Verrebbe da dire che non è una novità, ma stavolta la Calabria si trova ad affrontare la quarta ondata di Covid, che in una manciata di giorni ha già riempito i posti letto disponibili in area medica e che nei prossimi giorni, dicono gli esperti, farà aumentare la curva dei contagi a dismisura. Eppure è tutto fermo a venti mesi fa, con la differenza che oggi il personale sanitario ha alle spalle un carico infernale di stress e stanchezza, soprattutto dal punto di vista psicologico, fatto di doppi turni, orari continuati e pochi, pochissimi diritti riconosciuti. In tutto questo, i dirigenti mantengono la bocca cucita per non finire davanti alla commissione di disciplina e il neo presidente della Calabria, Roberto Occhiuto, che ha presso le redini del comando alla sanità, da due mesi sta cercando di porre rimedio ai danni provocati da dodici anni di commissariamento e un debito incalcolabile. Ma la strada, per i calabresi, è ancora tutta in salita.

La carenza di posti letto

Anche quando la Calabria fa registrare pochi contagi, il governo ordina restrizioni più severe. Il motivo è che la regione di Occhiuto non ha posti letto disponibili per fronteggiare la pandemia e quando i contagi risalgono le Terapie Intensive sono i reparti che ne risentono di più. All'ospedale di Cetraro (Cs), ad esempio, di recente il commissario straordinario dell'Asp di Cosenza, Vincenzo La Regina, ha ordinato la trasformazione del reparto di terapia Sub-Intensiva ordinaria in reparto di Terapia Intensiva Covid, con la conseguenza che una striscia di terra di pochi chilometri e circa 70mila abitanti, fino a fine emergenza potrà contare su soli 4 posti letto di Terapia Intensiva ordinaria, cioè quelli istituti all'ospedale di Paola durante il mandato di Jole Santelli, su impulso dell'allora consigliere regionale Graziano Di Natale. Quest'ultimo, che è anche ex presidente facente funzioni della provincia di Cosenza e attuale consigliere comunale nella città del santo, continua a interessarsi della sanità calabrese e a denunciarne le controversie. L'ultima, a quanto pare, riguarda la stima giornaliera dei contagi: «Alcune persone – dice a Fanpage – sono recluse nella propria casa dal 3 dicembre e non sono ancora state registrate nel bollettino dei contagi». Troppi casi Covid e l'Asp di Cosenza va in tilt. «Pertanto, quando metteranno a posto i numeri – continua – la situazione ci sembrerà ancora più drammatica». Al 27 dicembre, il report regionale parla di 484 contagi e 8 morti.

La corsa contro il tempo di Occhiuto

Il presidente Occhiuto nei gironi scorso ha convocato ha convocato una riunione per discutere dell'emergenza sanitaria. In aggiunta agli attuali 974 posti letto dell'area medica, se ne aggiungeranno altri 68, così da scongiurare, almeno per il momento, il passaggio della Calabria da zona gialla a zona arancione. Ci saranno, poi, l'assunzione di nuovo personale sanitario e l'apertura dei Covid hotel all'interno di alcuni dei 18 ospedali calabresi dismessi o riconvertiti in casa della salute. Un copione che i calabresi hanno già letto troppe volte, ma che il presidente bruzio stavolta ha tutte le intenzioni di attuare. E' stato lo stesso Occhiuto, di ritorno dopo una importante riunione a Roma, a denunciare il fatto che a distanza di due anni la regione non ha ancora un piano Covid e che i fondi arrivati in Calabria per fronteggiare l'emergenza sanitaria sono pochi e spesi male, malissimo.

Come in una guerra

Nel nostro breve viaggio nella sanità calabrese, ci siamo imbattuti in Massimo, commerciante 46enne, a cui il Covid ha stravolto la vita per sempre. Lui si è ammalato circa un anno fa e nonostante la giovane età e nessuna malattia pregressa, ha cominciato ad assaggiare ben presto la "fame d'aria". Trasportato d'urgenza nel reparto di Terapia Intensiva dell'ospedale Annunziata di Cosenza, è rimasto attaccato al casco per molte ore, mentre i suoi compagni di stanza sperimentavano l'angoscia di essere intubati. Alcuni di questi non ce l'hanno fatta. «E' stato terribile», ricorda con voce spezzata dall'emozione, tanto terribile che a un certo punto, stremato, aveva pensato di mandare un messaggio di addio ai suoi famigliari. Eppure il suo personale inferno doveva ancora cominciare. «In quelle settimane si sono ammalati anche i miei genitori – ha detto a Fanpage -, sono morti a distanza di quindici giorni uno dall'altro e io non ho potuto nemmeno salutarli». Una tragedia che lo segnerà a vita. «E' un qualcosa che non si cancella, anche se ti riprendi fisicamente, continui a portarne i segni».

Il vaccino è l'unica via d'uscita

Massimo è uno dei tanti milioni di italiani che ha scelto di fidarsi della scienza e sottoporsi al vaccino anti Covid appena i medici gli hanno dato l'ok. «E' l'unico modo per uscire dal tunnel». E sui giorni della malattia, dice: «Quando mi sono ammalato io, i vaccini erano in arrivo. A volte ci penso e mi chiedo come sarebbero andate le cose se mi fossi vaccinato prima del contagio». I dolore di quei giorni è ancora vivo. «Dopo la Terapia Intensiva, mi hanno portato nella Sub-Intensiva e poi sono stato curato nel campo militare. In quella esperienza, seppur drammatica, ho stretto tanti rapporti, anche con i medici e gli infermieri, ci siamo sentiti anche dopo». Sono loro i veri eroi di questa guerra a mani nude, i medici e gli infermieri che sono stritolati da orari impossibili e carenza di mezzi a disposizione, ma non smettono di essere umani e di dare conforto ai pazienti. Qualcuno non ce la fa, il cuore cede. Gli altri arrancano, vanno avanti e sperano ancora che qualcuno li salvi, come loro fanno con le vite dei loro pazienti. Intanto la Calabria si appresta ad affrontare a mani nude l'ennesima emergenza sanitaria, che no, non è cominciata con la diffusione del Covid.

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