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Dj Fabo, Cappato: “Potrei aiutare anche altre persone. La mia disobbedienza civile continua”

Intervistato da Fanpage.it, Marco Cappato, radicale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, commenta la decisione della Consulta che impone al Parlamento di affrontare il tema del fine vita entro un anno: “È una decisione molto positiva perché non è vero come alcuni scrivono che la Corte ha semplicemente rinviato o che ha deciso di non decidere: la Corte ha scritto che oggi la legge non è adeguata e quindi, è vero che il Parlamento ha l’occasione di riprendere in mano la discussione della legge, ma con un’indicazione molto precisa sull’esigenza del risultato finale e addirittura con una data di scadenza, per cui noi siamo fiduciosi perché se il Parlamento non colmerà il vuoto, la Consulta potrà intervenire tra 11 mesi”.
A cura di Charlotte Matteini
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Tutto ha origine due anni fa, nel febbraio del 2017. Dopo anni di sofferenze, Fabiano Antoniani – conosciuto come Dj Fabo – divenuto cieco e tetraplegico, nonché non più autosufficiente a causa di un incidente, decide di porre fine alla propria vita. In Italia, però, la pratica è considerata illegale e non esiste alcuna normativa che permetta a un malato terminale di decidere di porre fine alla propria esistenza senza sofferenze ricorrendo al suicidio assistito o all'eutanasia. Il radicale e tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, raccogliendo l'appello di Fabo, immediatamente si impegna in prima persona per accompagnarlo in una clinica svizzera e aiutarlo a ottenere il suicidio assistito, pratica che nella Confederazione Elvetica è legale. Tornato in Italia, Cappato decide di autodenunciarsi per il suo atto di disobbedienza civile in costestazione di una legge ritenuta ingiusta e di conseguenza inizia ad affrontare il realtivo processo in qualità di accusato di aiuto al suicidio, reato che prevede fino a 12 anni di carcere. Nel febbraio del 2018, la Corte d'Assise di Milano decide però di rinviare gli atti del processo alla Consulta per valutare la legittimità dell'art. 580 del codice penale su istigazione e aiuto al suicidio.

Nel pomeriggio di ieri, mercoledì 24 ottobre, a distanza di quasi due anni, è arrivata la tanto attesa decisione della Consulta sul reato di aiuto al suicidio. La decisione della Corte si può per un certo verso definire storica, senza precedenti. Secondo la Consulta, infatti, "l'attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti", dunque la Corte ha deciso di rinviare la trattazione della questione di costituzionalità dell'articolo 580 codice penale all'udienza del 24 settembre 2019 e ha chiesto al Parlamento di intervenire per colmare quello che potrebbe definirsi un vero e proprio vuoto normativo. Per capire meglio i termini della questione e la portata della decisione della Consulta, Fanpage.it ha raggiunto telefonicamente Marco Cappato:

Marco, ti aspettavi questo tipo di decisione dalla Corte Costituzionale?

È la prima volta nella storia della Corte che si prende una decisione differita nel tempo, quindi credo che nessuno potesse aspettarselo. È una decisione molto positiva perché non è vero come alcuni scrivono che la Corte ha semplicemente rinviato o che ha deciso di non decidere: la Corte ha scritto che oggi la legge non è adeguata e quindi, è vero che il Parlamento ha l'occasione di riprendere in mano la discussione della legge, ma con un'indicazione molto precisa sull'esigenza del risultato finale e addirittura con una data di scadenza, per cui noi siamo fiduciosi perché se il Parlamento non colmerà il vuoto, la Consulta potrà intervenire tra 11 mesi. Anzi, di fatto, leggeremo poi le motivazioni, sarà già intervenuta.

In sostanza la Corte ha segnalato l'esistenza di un vuoto normativo con questa decisione

Peggio ancora, la Consulta ha detto che l'attuale assetto sul fine vita lascia "prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti". Chiaramente quali situazioni sono prive di queste tutele lo spiegherà nelle motivazioni, ma a me non pare assolutamente una decisione che non decide, è sicuramente differita, ma comunque anticipa nel merito quello che il Parlamento dovrà fare. Il Parlamento ha un compito ora, per esempio dovrà stabilire come accertare le reali condizioni del paziente, procedura che andrà stabilita per legge, e se non lo farà andrà incontro a una disapplicazione del codice di 90 anni, per questo tipo di implicazione. 

Proprio rispetto al ruolo del Parlamento, che cosa ti aspetti da questo tipo di maggioranza, visto che non sembra essere così favorevole a questo tipo di assetto normativo?

La maggioranza andrà trovata in maniera trasversale, non è un problema di governo o di opposizione. Questo provvedimento può passare solo se si esce dal recinto dei partiti e si entra nel dibattito vero su un tema che interpella le coscienze dei singoli parlamentari. Già nella scorsa legislatura siamo riusciti a ottenere la legge sul testamento biologico in maniera trasversale, in Parlamento. L'unica cosa che ci aspettiamo dal governo è che mantenga l'impegno preso sulla immediata discussione delle leggi di iniziativa popolare perché, non dimentichiamolo, la nostra aspetta da 5 anni. In questo caso il Parlamento ha la strada spianata, perché ha sia l'invito della Corte ad affrontare il tema, sia l'invito della Costituzione, sia l'impegno del governo a metterle subito in discussione. Le ragioni per portare in Parlamento questa proposta esistono e sono molto forti poi, se nel merito della discussione tutto finirà nel pantano a causa delle solite risse, vedremo. Noi però stiamo facendo di tutto per tirarci fuori da questo eventuale pantano, la Corte costituzionale ha dato una gran mano, e io spero per il bene del Parlamento che ce la facciano perché questa è una pagina che potrebbe nobilitare l'istituzione e la democrazia. Certo, se il Parlamento non la farà, rimane comunque una scadenza e il futuro intervento della Consulta. 

In quest'ultimo periodo hai aiutato altre persone a ottenere il fine vita o pensi di farlo in futuro?

Intanto, al momento ho un processo in corso per la morte di Davide Trentini e ora dobbiamo vedere se questo processo andrà avanti. Comunque sì, io sto continuando ad aiutare dando informazioni alle persone che si rivolgono a me. Dovessi trovarmi di fronte a un caso in cui per dovere morale riterrò di dover intervenire – con Mina Welby e Gustavo Fraticelli che stanno conducendo questa azione di disobbedienza civile e con altri che vorranno farlo – in quel caso potrei anche ripetere una forma di agevolazione materiale. La nostra azione di disobbedienza civile comunque sta andando avanti. 

Un'ultima domanda: le cronache ci dicono che i casi di Fabo e Trentini non solo isolati. Secondo te, questa legge sul fine vita può essere importante affinché anche le persone senza mezzi finanziari possano avere la possibilità di un fine vita più dignitoso?

Che i casi non siano isolati ce lo dimostrano i Paesi in cui l'eutanasia è legalizzata: sono sempre percentuali molto piccole sul totale delle persone che muoiono, ma sono casi significativi. Oltre alla questione economica, la questione di fondo è che dalla legge sul testamento biologico e sull'interruzione delle terapie sono rimasti fuori i casi di persone che non possono o ritengono troppo pericoloso sospendere delle terapie vitali, ma si trovano comunque a vivere una sofferenza insopportabile nel quadro di una malattia irreversibile. Fabo è l'esempio di una persona che con la legge sull'interruzione delle terapie avrebbe potuto decidere di sospenderle, ma siccome aveva ancora autonomia polmonare avrebbe dovuto aspettare di morire sedato e di fame aspettando 7, 8 o 9 giorni. Fabo considerava insensato aspettare questo tempo e nel contempo ha anche trovato le risorse economiche per andare a farlo altrove. Quello che rimane fuori dall'attuale legge italiana sono innanzitutto i casi delle persone che non possono – o lo ritengono troppo pericoloso – morire staccando una macchina. Allora, ovviamente, in questo quadro, solo quelli che hanno le condizioni economiche adeguate possono andare a farlo all'estero. E, se posso interpretare le parole della Consulta, evidentemente sono questi i casi che rimangono privi di adeguata tutela. 

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