Disastro di Seveso, 1976: la nube tossica che cambiò l’Italia per sempre

Una mattina d’estate come tante, un silenzio irreale e poi un sibilo. Alle 12:28 del 10 luglio 1976, dal reattore A101 dello stabilimento ICMESA, alle porte di Seveso, si sprigiona una nube biancastra. Invisibile, letale. Dentro, un veleno senza odore né forma, la diossina TCDD, una delle sostanze più tossiche mai prodotte dall’uomo.
Nel cuore verde della Brianza, accade quello che nessuno avrebbe mai immaginato: un incidente chimico di portata storica, che segnerà per sempre la vita di migliaia di persone e aprirà una nuova stagione nella coscienza ambientale europea. All’epoca si sapeva poco o nulla della diossina. Le notizie viaggiano lente, la reazione delle autorità è incerta. Ma intanto, nei giorni successivi, iniziano a morire gli animali da cortile. Le piante si seccano. I bambini si ammalano.
L’esplosione invisibile

La fabbrica ICMESA, di proprietà prima della Givaudan e dal 1963 della Hoffmann-La Roche, produceva triclorofenolo, una sostanza usata per realizzare erbicidi e disinfettanti. Quel sabato, il reattore chimico A101 viene spento per il weekend, ma qualcosa va storto: la reazione chimica non si arresta e la temperatura sale fino a 250°C, ben oltre i 170 gradi necessari. Il sistema di sicurezza cede e una parte del contenuto – tra i 13 e i 18 chili di 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (TCDD), comunemente nota come diossina – viene espulsa nell’atmosfera.
Il vento porta la nube verso sud-est. Colpisce i comuni di Meda, Desio, Cesano Maderno, ma soprattutto Seveso. È lì che il disastro mostra il suo volto più crudele.

I primi segnali: cloracne e paura

I segni sono sottili, ma inequivocabili. I bambini, ma anche alcuni adulti, iniziano a sviluppare lesioni cutanee, la famigerata cloracne: bolle, cisti, croste che non vanno via. Su 214 bambini esposti nella zona A, i casi accertati saranno 42. Le madri osservano, angosciate, mentre le autorità – inizialmente ignare, poi reticenti – tardano ad agire. Solo giorni dopo, il 15 luglio, arriva la prima ordinanza che vieta il contatto con il terreno, gli ortaggi e gli animali. L’evacuazione della zona A inizia solo il 26 luglio, due settimane dopo l’incidente.
In tutto, 736 persone vengono allontanate dalle loro case. Alcune non torneranno mai più. Perché quelle case saranno demolite, il suolo scavato fino a 80 cm di profondità, sigillato in due gigantesche vasche di cemento. Lì, sopra a ciò che rimane della catastrofe, oggi cresce il Bosco delle Querce, un parco pubblico, simbolo di rinascita e memoria.
Una bomba ecologica e sociale: la legge 194

Il disastro di Seveso non fu solo ambientale. Colpì l’Italia nel profondo: nella fiducia verso le istituzioni, nella percezione della scienza, e persino nei diritti civili. Le donne incinte, terrorizzate dagli effetti sconosciuti della diossina sui feti, chiesero di poter abortire. All’epoca l’aborto era illegale, salvo rare eccezioni. Ma il governo Andreotti, in un gesto senza precedenti, autorizzò gli aborti terapeutici. I resti vennero mandati in Germania per analisi. Nessuna malformazione visibile, ma i dubbi restano. Anche da lì, anche da Seveso, nascerà la spinta che porterà alla legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, approvata due anni dopo.
Le conseguenze sulla salute

Gli studi scientifici andranno avanti per decenni. Oltre ai casi di cloracne, si registrano effetti a lungo termine:
- un aumento di leucemie, linfomi e mielomi nelle zone A e B;
- un aumento di tumori al retto e alla mammella tra i residenti contaminati;
- alterazioni ormonali nei neonati, collegati all’esposizione prenatale alla TCDD;
- riduzione della fertilità maschile nei bambini nati da madri esposte.
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) classificherà la TCDD come cancerogeno certo per l’uomo. La sua presenza nel sangue degli abitanti di Seveso è stata tracciata per oltre 30 anni. Gli effetti sulla salute continuano a emergere anche a distanza di decenni.
La lezione europea: nasce la “Direttiva Seveso”

Il nome di Seveso entrerà nella storia non solo per il dolore che ha lasciato, ma per ciò che ha insegnato. Nel 1982, la Comunità Europea approva la Direttiva Seveso (82/501/CEE) , un insieme di norme che impone a tutti gli Stati membri il censimento e il monitoraggio degli impianti industriali a rischio. È l’inizio di una politica di prevenzione che cambierà radicalmente la gestione del rischio industriale nel continente. La direttiva sarà aggiornata due volte: nel 1996 e nel 2012, diventando sempre più severa e trasparente.
Seveso oggi: tra memoria e futuro

Chi oggi cammina nel Bosco delle Querce respira un’aria diversa, tra querce e sentieri, senza immaginare che sotto quei prati si nasconde il passato più tossico del Paese. Ma per chi c’era, la memoria resta incisa nella pelle. Seveso è diventata simbolo di una ferita – e della capacità di risanarla. Una vicenda che ha cambiato la scienza, la legge, la politica e il corpo stesso delle donne italiane.
Seveso non ha dimenticato. Né dovremmo farlo noi.
Perché sotto il Bosco delle Querce… la diossina è ancora lì.