Dipendenti Equitalia pretendono pagamento di cartelle annullate: condannati a 8 anni
L'accusa aveva chiesto sei anni di reclusione, ma il giudice ne ha sentenziati otto. Il reato, attribuito a due dipendenti di Equitalia, è di tentata concussione. I colpevoli sono L. M., 73enne di Parabita, e M. G., 65enne di Lecce, che rispettivamente erano impiegati come agente di riscossione e responsabile del servizio produzione presso la sede di Lecce di Equitalia. I due dipendenti sono stati rinviati a giudizio a marzo del 2012 con l'accusa di concussione riferita a tre cartelle esattoriali che, nonostante fossero state annullate, continuavano ad essere pretese dai due dipendenti con invito a pagamento per non incorrere in azioni legali, ad ipoteca e al fermo dell'automobile. In questo modo i due dipendenti cercavano di ottenere un profitto ingiusto dal valore complessivo di circa 20.000 euro, poiché i tre debitori avevano già concordato una soluzione con gli enti creditori.
La linea della difesa è stata l'inconsapevolezza dei propri assistiti, che non sarebbero stati informati né da Equitalia né dagli enti creditori che fosse stato raggiunto un accordo con i debitori. Sulla base delle comunicazioni aziendali e della cartelle preventivamente sequestrate dalla Procura dopo la denuncia ai Carabinieri dei tre debitori, è stato invece dimostrato che i due dipendenti erano informati e che ciononostante continuavano ad esigere il pagamento di 3.000 euro derivanti da una violazione del codice della strada (ritenuta non esigibile da una sentenza in giudicato del 6 dicembre del 2005), di 8.000 euro e minaccia di ipoteca per l'evasione di una tassa sui rifiuti (già nel 2008 annullata per accordo tra le parti) e 9.000 euro con minaccia di fermo auto per evasione dell'Irpef (nonostante la sospensione della cartella per un'ordinanza datata 2009).