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Denise Pipitone, il giudice condanna l’ex pm Angioni: “Mentì per coprire i suoi insuccessi”

Secondo il giudice di Marsala, l’ex pm Maria Angoni mentì sui depistaggi relativi alle indagini sul rapimento di Denise Pipitone per “coprire insuccessi personali e dell’inchiesta”
A cura di Gabriella Mazzeo
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Secondo il giudice di Marsala, l'ex pm del caso Denise Pipitone, Maria Angioni, avrebbe mentito sui depistaggi nell'indagine riguardante il rapimento della bimba scomparsa nel 2004 per "coprire i suoi insuccessi". "Le indagini – ha spiegato il giudice motivando la condanna a un anno di reclusione emessa in primo grado per false informazioni al pubblico ministero – non hanno condotto alla cattura dei colpevoli. Per questo Motivo Angioni ha denunciato depistaggi nell'inchiesta, indicando tra i responsabili i poliziotti del commissariato locale. Le accuse si sono poi rivelate false".

L'avvocato Stefano Giordano, che si occupa della difesa di Angioni, sta interponendo appello sulla condanna a un anno di reclusione emessa in primo grado e non definitiva.

Secondo il magistrato, le accuse mosse dall'imputata sono state "puntuali e precise", nel dare la colpa per la mancata cattura dei colpevoli del rapimento al Commissariato di Mazara del Vallo. "Un modo – continua il giudice – per scrollarsi evidentemente di dosso ogni responsabilità per l'insuccesso dell'inchiesta". Un giudizio duro quello espresso dall'autorità che proprio nella giornata odierna ha depositato le motivazioni per la condanna all'ex pm che indagò sulla scomparsa della bimba. "Voleva addossare la colpa a qualcun altro e le accuse, rivelatesi false, hanno comportato poi il processo per false informazioni a pubblico ministero istruito dal pm Roberto Piscitello".

Per il giudice, Angioni avrebbe "sfruttato le proprie conoscenze giuridiche" in ogni fase del procedimento, giocando sulla possibilità di addurre in qualsiasi momento "come scusa" i ricordi confusi di quanto avvenne nel 2004. "Se è vero – spiega – che da una parte l'imputato ha il diritto di mentire, è anche vero che ciò va tenuto in debita considerazione al fine di parametrare la pena o l'eventuale concessione di attenuanti generiche".

Il ruolo dell'imputata avrebbe poi ulteriormente aggravato il danno e l'intensità del dolo delle false dichiarazioni presentate a pubblico ministero. "Il suo ruolo di magistrato dell'epoca ha indubbiamente inciso sull'intensità del danno arrecato. Nonostante le evidenze processuali, l'imputata ha mantenuto un comportamento ostile nei confronti del commissariato evidentemente estraneo alle accuse mosse"

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