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Covid 19

Covid 19, il racconto di Niccolò: “Tanta rabbia per quella febbre ma tornerò in Cina”

Il diciassettenne Niccolò ricorda quei brutti momenti a Wuhan, in Cina, dove per ben due volte ha dovuto rinunciare alla partenza per l’Italia a causa della febbre che lo aveva improvvisamente colpito e che aveva fatto sospettare un possibile contagio da Coronavirus COVID-19. “La febbre mi faceva arrabbiare perché non avevo nessun sintomo, non sentivo nemmeno i brividi, sapevo di averla solo perché me la misuravano” ha spiegato il ragazzo.
A cura di Antonio Palma
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“La febbre mi faceva arrabbiare perché non avevo nessun sintomo, non sentivo nemmeno i brividi, sapevo di averla solo perché me la misuravano” così il diciassettenne Niccolò ricorda quei brutti momenti a Wuhan, in Cina, dove per ben due volte ha dovuto rinunciare alla partenza per l’Italia a causa della febbre che lo aveva improvvisamente colpito e che aveva fatto sospettare un possibile contagio da Coronavirus COVID-19. Nonostante sia risultato negativo a tutti i test, compreso quello in Italia dopo l’evacuazione, quella febbre però lo ha accompagnato per tutto il tempo e rischiava di bloccarlo ancora a lungo in Cina se non fosse stato approntato l'aereo speciale dell'Aeronautica. Come comunicato nelle scorse ore dalla direzione sanitaria dell'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, dove il minore resta in quarantena, il test sul nuovo coronavirus è negativo ma la febbre sembra persistere.

Niccolò è in ottime condizioni, “Appare sereno e di ottimo umore, non manifesta altra sintomatologia” anche se “presenta una febbricciola” e “continua a rimanere in osservazione” hanno spiegato i medici. Una febbre che, come lui stesso ha raccontato al corriere della Sera, potrebbe aver contratto proprio a Wuhan. “Io stavo in una famiglia cinese al Nord, nella provincia di Heilongjiang. Il 19 gennaio siamo andati nello Hubei, a visitare i nonni della coppia che mi ospitava. Un villaggio di campagna, 50 case. E quel giorno sono arrivate le notizie dell’epidemia. Sono rimasto chiuso lì, fino al 3 febbraio” ha spiegato il ragazzo che in quella casa di campagna poco riscaldata deve aver preso freddo.

La paura di fronte al rifiuto di imbarco e davanti agli altri che partivano senza di lui ovviamente c’è stata anche se non si è mai trasformata in panico. “La prima notte non ho capito subito quello che stava succedendo, ho telefonato ai miei genitori. Subito dopo all’ambasciata e… sì, un po’ di paura, ma panico mai. Mi sono detto: se vai in panico non risolvi nulla” ha raccontato Niccolò. Fondamentale per rassicurarlo è stato il sostegno della rete di persone che sul posto lo ha assistito in ogni modo. Tra loro Mr. Tian, guida turistica e volontario per una ong che lo ha portato in giro e gli ha comprato del cibo e la professoressa universitaria Sara Platto, che vive a Wuhan da sette anni e ha deciso di non farsi evacuare.

“Con mister Tian si è instaurata una bellissima amicizia, mi è stato vicino, usciva per portarmi da mangiare, mi ha accompagnato, mi ha assistito e quando finalmente ero davanti all’aereo speciale mi ha detto ‘mi mancherai’ ” ha spiegato Niccolò, con la dottoressa invece “ci siamo sentiti di continuo per tutti quei giorni, anche se non ci siamo mai visti di persona, lei mi ha sostenuto con tante chiamate”. Loro son rimasti a Wuan ma quando l’emergenza sarà passato Niccolò conta di poterli riabbracciare: “Voglio andare a ritrovare tutti quelli che mi sono stati vicini, mister Tian, il dottor Zhou e la dottoressa Sara e il personale dell’ambasciata, il console Poti”.

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