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Covid 19

Il lavoro ai tempi del Coronavirus: le risposte ai dubbi su ferie, stipendio e ammortizzatori sociali

Il datore di lavoro può impormi l’aspettativa? Sono legittime le ferie forzate? Se sono in quarantena vengo pagato? Sono previsti ammortizzatori sociali? Che cosa faccio se la mia azienda non rispetta le norme? Abbiamo raccolto le domande più diffuse tra i lavoratori, per arginare il contagio senza rinunciare ai diritti.
A cura di Roberta Covelli
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In questi giorni di emergenza coronavirus, sono molti i dubbi dei lavoratori su ferie, ammortizzatori sociali, congedi, norme di sicurezza. Per capire quali sono le regole da applicare è necessario conoscere le leggi e i contratti collettivi applicabili, ma anche interpretare le norme generali confrontandole con le nuove disposizioni governative. La priorità oggi è fermare il contagio, senza però rinunciare ai diritti. Ecco le risposte alle domande più frequenti.

Presento sintomi influenzali, devo andare a lavorare? 

No, secondo il Dpcm 8 marzo 2020, “ai soggetti con sintomatologia da infezione respiratoria e febbre (maggiore di 37,5° C) è fortemente raccomandato di rimanere presso il proprio domicilio e limitare al massimo i contatti sociali, contattando il proprio medico curante”. Bisogna quindi contattare telefonicamente il proprio medico di base, così da poter usufruire della malattia.

Sono in quarantena, riceverò comunque lo stipendio?

Deve ancora essere chiarito come si configuri lo stato di quarantena, ma è ragionevole pensare che sia equiparabile alla malattia e che quindi al lavoratore in quarantena spetti l’indennità corrispondente. Il Dpcm 8 marzo 2020 ha comunque imposto il divieto assoluto di spostamento dalla propria dimora in questo caso, quindi non è possibile richiedere alle persone in quarantena di lavorare.

Il mio datore di lavoro mi chiede di prendere aspettativa non retribuita o di dimettermi, devo obbedirgli?

No, l’aspettativa è regolata principalmente dai contratti collettivi e non può essere imposta. Nemmeno le dimissioni possono essere imposte: se ti dimetti, non puoi ottenere nemmeno indennità come Naspi e Dis-Coll (mentre in caso di licenziamento hai diritto alla disoccupazione).

Il mio datore di lavoro vuole che io prenda ferie, può pretenderlo?

Il Dpcm 8 marzo 2020 raccomanda ai datori di lavoro di promuovere la fruizione anticipata delle ferie dei dipendenti. Questo lascia aperti molti interrogativi, soprattutto rispetto alla prospettiva di finirle o di non averle ancora maturate.

Posso lavorare da casa?

È consigliato il lavoro agile (o smart working), una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa senza l'obbligo di presenza e orario. Normalmente, serve un accordo individuale scritto, ma per questo periodo di emergenza sanitaria è prevista una deroga e quindi si può procedere al lavoro da casa organizzandosi con l'impresa ma anche senza la formalità del patto scritto. Ricordati che l'assenza degli obblighi di presenza non modifica il tuo contratto né la prestazione che ti è richiesta: il lavoro è il medesimo da svolgere in ufficio, anche rispetto ai limiti massimi di orario settimanale.

Le scuole dei miei figli sono chiuse e io devo andare a lavorare, come posso restare a casa per accudirli? 

Se tuo figlio ha meno di 12 anni, hai diritto di chiedere il congedo parentale, se non hai già raggiunto il limite massimo di 10 mesi (ripartito tra i due genitori). Il congedo dà diritto alla conservazione del posto, ma non alla retribuzione. Solo se il bambino è minore di 6 anni hai diritto a un’indennità pari al 30% della tua retribuzione, corrisposta dall’Inps ma anticipata dal tuo datore di lavoro. Devi comunque preavvisare il tuo datore di lavoro della tua volontà entro 5 giorni dall’inizio del congedo.

Nel luogo in cui lavoro non sono rispettate le distanze prescritte e a me e ai miei colleghi non sono state fornite mascherine né altri dispositivi di sicurezza. Sono obbligato a lavorare?

No, anche se la decisione richiede una certa dose di coraggio e conoscenza dei propri diritti. La libertà di impresa è libera ma "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana" (art. 41 co. 2). Inoltre, l’imprenditore ha l’obbligo di garantire l’integrità fisica e morale dei lavoratori nell’esercizio dell’impresa (art. 2087 c.c.) e quindi deve adottare tutte le misure per la loro sicurezza. Se il tuo datore di lavoro richiede attività contrarie alle norme di sicurezza, si configura un suo inadempimento, quindi non sei tenuto ad adempiere alla corrispondente prestazione lavorativa: questo principio è stato ribadito anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza 6631/2015.

Se il datore di lavoro non impone regole di comportamento, che responsabilità ho io, che sono un semplice lavoratore?

In materia di sicurezza sul lavoro, il testo di riferimento è quello del decreto legislativo 81/2008 e impone obblighi anche per il lavoratore. In questo ambito, il lavoratore non è solo l’operaio o l’impiegato, ma si intende una "persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione". Sono quindi compresi anche soci lavoratori di cooperativa, tirocinanti, stagisti. Il rispetto delle disposizioni in termini di distanza tra le persone e del generale principio di precauzione riguarda quindi anche i lavoratori, a prescindere dal (necessario) impegno dei datori di lavoro. Il principio sotteso nella normativa in materia di sicurezza sul lavoro è infatti quello di collaborazione nella gestione dei rischi, come si può notare dalla previsione dell’articolo 20, che enuncia gli obblighi del lavoratore.

Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni.

Non ci sono degli ammortizzatori sociali o dei fondi per sostenere i lavoratori?

Non ancora, ma è ragionevole pensare che arriveranno: all'indomani del DL 6/2020, che ha istituito la prima zona rossa intorno al focolaio di Codogno, imponendo il blocco di tutte le attività salvo gli esercizi alimentari e le aziende agricole, sono stati previsti ammortizzatori sociali per privati, famiglie, lavoratori e imprese. In particolare, sono stati sospesi gli adempimenti pubblici e fiscali, il pagamento delle bollette di gas, luce, acqua, è stata prevista la cassa integrazione per i lavoratori dipendenti e un'indennità mensile di 500 euro per collaboratori e partite Iva, oltre a fondi per le imprese. Per misure simili sull'intero territorio nazionale sono necessarie coperture molto più alte, quindi è naturale che, mentre le prescrizioni per arginare il contagio arrivano subito e devono essere rispettate, le garanzie per i lavoratori, le imprese e le famiglie arrivino solo dopo qualche giorno.

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