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Cambiamenti climatici

Come l’Italia sta finanziando la guerra di Putin, acquistando ancora gas russo

Nonostante le sanzioni economiche a Mosca l’Italia sta continuando a importare e a pagare profumatamente gas proveniente dalla Russia. Ecco come.
A cura di Davide Falcioni
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Il 24 febbraio del 2022 i carri armati russi entravano in Ucraina dando inizio all'invasione del Paese. L'Europa reagì tempestivamente promettendo aiuti militari e finanziari a Kiev, e soprattutto introducendo sanzioni economiche verso Mosca che – negli intenti – avrebbero dovuto piegare l'economia russa e indurre Putin a fermare la sua "operazione militare speciale". Le società che vennero più duramente colpite furono quelle energetiche. I Paesi europei dichiararono che presto si sarebbero affrancate dal gas russo, anche a costo di affrontare un inverno di restrizioni e gravi disagi per la popolazione.

Anziché puntare con forza sulle energie rinnovabili, tuttavia, i Paesi europei – in primis l'Italia – decisero di sostituire il gas russo proveniente da gasdotti con gas naturale liquefatto (GNL) che arriva via nave da altri Paesi, alcuni dei quali politicamente instabili e dediti alla violenza e alla guerra come Israele, Egitto, Qatar, Nigeria e Stati Uniti. E persino Russia. Sì, avete letto bene. Anche se in quantitativi minori rispetto al passato l'Italia sta continuando a importare e a pagare profumatamente gas proveniente dalla Russia, alimentandone l'economia e facendo esattamente il contrario di quanto le sanzioni si erano prefissate. Ma come è possibile che ciò accada? Fanpage.it ha interpellato la dottoressa Elena Gerebizza, ricercatrice e campaigner di ReCommon dal 2012, esperta di politiche energetiche e co-autrice di un dettagliato report sulla dipendenza dell'Italia dal gas. Anche quello russo.

Elena Gerebizza
Elena Gerebizza

Torniamo alla primavera del 2022; dopo l’invasione dell’Ucraina i Paesi europei emisero sanzioni nei confronti della Russia, sostenendo che non avrebbero più acquistato gas proveniente da Mosca. Lo scopo era quello di "piegare" l'economia russa e indurre Putin a fermare la guerra. In che modo l’Italia ha compensato quel gas?

Anziché cercare di ridurre la propria dipendenza dal gas, come stavano facendo altri Paesi dell'Unione Europea, l'Italia ha semplicemente cercato nuovi fornitori. Mario Draghi, accompagnato dall'amministratore delegato dell'ENI, fece una serie di viaggi in tutto il mondo per cercare di firmare contratti per l'importazione di gas, soprattutto gas liquido (GNL, gas naturale liquefatto). Vennero siglati accordi con l'Algeria (da cui l'Italia importa sia gas via tubo, attraverso il Transmed, che liquido), l'Egitto, il Qatar, il Congo, la Nigeria e il Mozambico, Paesi dai quali oggi acquistiamo GNL o nei quali l'ENI ha avviato campagne di estrazione. Ma non è tutto. L'altro fondamentale accordo che venne siglato a marzo del 2022 fu quello tra UE e Stati Uniti, che impegnava gli USA a esportare in Europa almeno 15 miliardi di metri cubi in più di gas. Gli Stati Uniti sono quindi diventati il primo fornitore di gas liquido a livello mondiale, orientando la maggior parte delle esportazioni proprio verso il mercato europeo.

Che cosa è il GNL? Da dove arriva e come viene distribuito?

Si tratta di gas che dopo essere stato estratto subisce un lungo processo industriale di lavorazione e raffreddamento. L'idrocarburo viene portato a una temperatura di -162 gradi centigradi passando dalla forma gassosa a quella liquida. Viene quindi stoccato su speciali navi che lo trasportano in tutto il mondo, Europa compresa. Al punto di arrivo avviene il processo di rigassificazione: il materiale viene riscaldato, riportato allo stato gassoso e immesso nella rete di distribuzione. Si tratta di un processo altamente energivoro. Il gas proveniente dagli Stati Uniti ha però un'ulteriore caratteristica: viene estratto con il metodo del fracking, che impiega solventi chimici per spaccare le rosse di scisto che lo custodiscono. Tale processo è altamente invasivo perché impiega molta acqua e negli USA ha avuto un impatto molto forte sull'inquinamento delle falde acquifere, soprattutto nella zona del Bacino Permiano, in Texas.

Una nave che trasporta GNL in Europa
Una nave che trasporta GNL in Europa

In un vostro report ("Sicurezza energetica per chi?") avete evidenziato il ruolo di Intesa Sanpaolo e SNAM nel boom di importazioni di GNL. Ce lo sintetizza?

Intesa e SNAM sono società che hanno puntato molto sul business del GNL: la prima è la principale banca italiana, la prima "banca fossile" ed è tra i finanziatori di questo mercato. Dal 2016 ad oggi ha investito circa tre miliardi di dollari nelle principali società che stanno espandendo il settore del gas liquido a livello globale, 2,1 miliardi di dollari sono stati investiti in particolare nelle principali società statunitensi operanti nelle campagne di estrazione e export dal Golfo del Messico. SNAM è invece una società controllata dal governo italiano, che ne detiene circa il 30% attraverso CDP Reti. Questa azienda si occupa di trasporto del gas e nel momento in cui era necessario diversificare le forniture dalla Russia ha spinto molto affinché l'Italia decidesse di importare gas liquido. Il piano d'investimenti della società per il 2023 prevede che 9 miliardi su 10 – di quelli dedicati alle infrastrutture – siano destinati proprio a implementare le reti di trasporto di gas. Questo avviene nonostante gli impegni di SNAM a favore della transizione energetica. D'altro canto fu proprio l'amministratore delegato di SNAM alla fine del 2022 a dichiarare che l'obiettivo dell'azienda sarebbe stato coprire il 40% del fabbisogno di gas italiano con gas liquido entro il 2026.

Da oltre un anno l’Europa è stata invasa da GNL proveniente dagli Stati Uniti. Tuttavia, attraverso una serie di "triangolazioni", nelle nostre reti finiscono ancora ingenti quantitativi di gas russo. In che modo avviene tutto ciò?

Le sanzioni e la campagna comunicativa che venne condotta a favore del gas liquido fecero perdere di vista un fatto oggettivo: la Russia era ed è tra i principali esportatori proprio di GNL. Non a caso dall'introduzione delle sanzioni Mosca ha aumentato in modo esponenziale le esportazioni di gas liquido verso tutti i Paesi del mondo, in particolare l'UE, che ha importato nel 2022 circa il 40% di questo prodotto. Alcuni Paesi europei hanno iniziato a fare operazioni di reloading, acquistando gas liquido russo e rivendendolo ad altri. I terminal principali che stanno facendo questa manovra si trovano a Zeebrugge, in Belgio, e a Barcellona, in Spagna. Quest'ultimo Paese ha adottato il metodo del "tanker unico": non appena il gas, proveniente da qualsiasi nazione, entra in Spagna diventa spagnolo. Non sappiamo, quindi, quanto gas russo acquistato dalla Spagna viene redistribuito ad altri stati europei; quello che sappiamo con certezza, comunque, è che il Ministro Cingolani siglò un accordo per creare una "pipeline virtuale", ovvero un corridoio tra Barcellona e il rigassificatore SNAM di Panigaglia. Da quel momento il terminal ligure ha iniziato a importare dalla Spagna: secondo i dati comunicati dalla SNAM, nel 2022 il 22% del gas proveniva da Barcellona, percentuale esplosa al 57% nei primi 4 mesi del 2023.

E quanto gas liquido russo viene importato dalla Spagna?

È il terzo importatore di GNL russo a livello mondiale. Madrid acquista gas da Mosca e ce lo rivende come gas spagnolo.

È possibile quindi stimare quanto gas russo sta ancora acquistando l’Italia?

Al primo semestre del 2023 stavamo ancora importando gas russo via tubo per un ammontare di 2,2 miliardi di euro (dati del Governo italiano). Si tratta comunque di una quantità molto inferiori rispetto al 2021. Per quanto riguarda il GNL invece è molto complicato stimare quanto ne arriva dalla Russia proprio perché ci viene "rivenduto", mescolato a gas di altre provenienze, dalla Spagna. Abbiamo posto questa domanda alla SNAM, la quale ci ha risposto che non era in nessun modo possibile per l'azienda stabilire quanto gas liquido russo arriva nella rete italiana. Che arrivi, però, è certo.

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Il gas russo arriva anche anche da est attraverso il TAP. In che modo?

Il TAP è la parte finale del corridoio sud del gas ed era stato progettato proprio perché l'UE voleva creare un canale di importazione alternativo alla Russia. In realtà i dati sull'import dimostrano che non tutto il gas che arriva nel TAP proviene dall'Azerbaigian, ma ce c'è un surplus proveniente da Revithoussa, in Grecia, che potrebbe provenire dalla Russia. Anche la Turchia è un grande importatore di gas russo e sospettiamo che Ankara potrebbe reimmetterlo nel TAP, vendendolo all'Italia.

L'Italia quindi sta continuando a importare gas russo e a finanziare la guerra di Putin.

Abbiamo ridotto di molto le importazioni di gas russo. Ma sì, lo stiamo ancora comprando e alimentiamo l'economia russa, nonostante le sanzioni.

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Scaldare le case, cucinare, mandare avanti le industrie: quasi l’80% dell’energia di questo Paese arriva ancora dai combustibili fossili. C’è un’alternativa immediata al gas e al carbone? Nella primavera del 2022 si sarebbe potuto investire subito sulle rinnovabili garantendo comunque il soddisfacimento del fabbisogno energetico italiano?

Si sarebbe potuto investire molto di più nelle energie rinnovabili, ad esempio nel miglioramento della rete, rendendola più adatta ad accogliere l'energia prodotta in modo diffuso sul territorio da fonti "verdi". Si sarebbero poi dovuti ridurre i consumi con misure di efficientamento: molti studi scientifici dimostrano che possiamo fare molto per ridurre il nostro consumo di gas, ad esempio intervenendo sugli edifici pubblici e privati, incentivando l'autoproduzione di energia e i sistemi di stoccaggio. È un tema complesso, ce ne rendiamo perfettamente conto, ma l'Italia non ha mosso un dito per emanciparsi dalla dipendenza dal gas. Non solo: era stato detto che i nuovi rigassificatori di Piombino e Ravenna sarebbero dovuti servire solo come misure temporanee di tre anni. Sappiamo invece che il Governo e SNAM intendono spostare il sito di Piombino a Vado Ligure per 22 anni. Altro che misura temporanea, stiamo continuando ad alimentare la nostra dipendenza dal gas.

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