Chiesta condanna a 7 anni per Simone Gresti: è accusato di aver spinto Andreea Rabciuc al suicidio

Sette anni di carcere. È questa la richiesta avanzata dalla Procura di Ancona nei confronti di Simone Gresti, l’autotrasportatore originario di Moie (Ancona), accusato di istigazione al suicidio, maltrattamenti in famiglia e spaccio di droga. Al centro del processo c’è la tragica vicenda di Andreea Rabciuc, 27enne romena residente a Jesi, scomparsa il 12 marzo del 2022 nelle campagne di Montecarotto e ritrovata morta quasi due anni dopo, il 20 gennaio 2024.
Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dal pubblico ministero Irene Bilotta, Andreea si sarebbe tolta la vita in un casolare abbandonato, situato a circa un chilometro di distanza dal luogo in cui era sparita. A far propendere per il suicidio è stato anche un messaggio lasciato dalla ragazza e ritrovato accanto al suo corpo, in cui scriveva: "Se lui non mi avesse tolto il cellulare, chiamavo mamma". Parole che, secondo la pm, inchioderebbero Simone Gresti alle sue responsabilità. Per la Procura, infatti, sarebbe lui l’unico responsabile morale della morte di Andreea, colpevole di averla isolata e vessata fino a condurla a un punto di rottura definitivo.
Oltre ai maltrattamenti, a Gresti viene contestato anche lo spaccio di stupefacenti, reato emerso nel corso delle indagini condotte inizialmente come scomparsa e poi sfociate in un’inchiesta ben più ampia, dopo il ritrovamento del corpo della giovane.
Il procedimento è in corso con rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare Alberto Pallucchini. Proprio nell’ultima udienza, Simone Gresti ha deciso di sottoporsi all’esame, rispondendo in aula alle domande, come richiesto da lui stesso. I suoi avvocati, Emanuele Giuliani e Gianni Marasca, hanno ribadito la sua innocenza: "Ha risposto su tutto in maniera chiara, precisa e circostanziata. Nega ogni addebito e ha fornito spiegazioni coerenti".
Il processo non è ancora concluso. L’udienza proseguirà il 18 novembre, quando prenderanno la parola la parte civile — rappresentata dall’avvocato Rino Bartera per conto della madre di Andreea — e la difesa dell’imputato. Sarà quello il momento decisivo per delineare le responsabilità di una vicenda che ha scosso profondamente la comunità marchigiana, lasciando dietro di sé una lunga scia di dolore.