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Cesena, neonato abbandonato vicino al cassonetto: nonni indagati per tentato infanticidio in concorso

I genitori della 31enne che ha abbandonato il neonato nei pressi di un cassonetto a Cesena sono indagati per tentato infanticidio in concorso. La donna, con disabilità cognitiva, aveva rifiutato l’aiuto dei servizi sociali. Il bimbo, salvato in tempo, è ora fuori pericolo.
A cura di Biagio Chiariello
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Il cassonetto nei pressi del quale è stato abbandonato il neonato
Il cassonetto nei pressi del quale è stato abbandonato il neonato

I genitori della donna che ha abbandonato nel cassonetto a Cesena il proprio figlio sono indagati per tentato infanticidio in concorso. Lo riporta il programma Dentro la Notizia su Canale 5, secondo cui l’inchiesta sarebbe partita proprio dalle dichiarazioni della ragazza – seguita dai servizi sociali – che avrebbero subito mostrato incongruenze rispetto alla versione fornita dai genitori. La 31enne, infatti, li avrebbe in qualche modo coinvolti nella vicenda, motivo per cui anche loro risultano ora indagati insieme alla figlia.

Nel frattempo, i servizi sociali del Comune di Cesena hanno diffuso una nota ufficiale per chiarire la loro posizione. Spiegano che la donna era stata presa in carico già da giugno e inserita in un protocollo specifico per maternità difficili, ma aveva rifiutato ogni forma di aiuto e sostegno. I familiari, inoltre, avevano comunicato allo sportello sociale di non voler occuparsi del neonato.

La 31enne, affetta da una grave disabilità cognitiva, è ancora indagata dalla Procura di Forlì per infanticidio. Nella notte tra mercoledì 29 e giovedì 30 ottobre aveva partorito in casa, alla periferia di Cesena, per poi abbandonare il bambino accanto ai cassonetti dell’immondizia. Il piccolo, trovato in ipotermia da un passante che ha dato l’allarme, è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale Bufalini ed è ora fuori pericolo.

Il caso si inserisce in un contesto di forte disagio economico e sociale. La giovane viveva con i genitori, mentre il padre del neonato – un 54enne anch’egli affetto da disabilità cognitiva – non abitava con lei ma era a conoscenza della gravidanza. Entrambi erano seguiti da tempo dai servizi sociali, che avevano coinvolto anche la Tutela Minori, il Consultorio familiare e le strutture sanitarie competenti.

Gli operatori spiegano che la donna era stata informata di tutte le possibilità di sostegno, inclusa la possibilità di partorire in anonimato, ma aveva rifiutato la presa in carico. Anche i tentativi del Consultorio di mantenere un contatto continuativo con lei e con il compagno erano falliti. La 31enne, secondo quanto ricostruito, aveva espresso chiaramente l’intenzione di non volersi occupare del bambino.

Pochi giorni prima del parto, la donna era attesa in ospedale per una visita di controllo: le ecografie avevano segnalato che il feto era podalico, ma lei e il compagno non si erano mai presentati. Il travaglio sarebbe iniziato nella notte del 29 ottobre, quando al 118 era arrivata una prima chiamata confusa. L’allarme vero e proprio è però scattato solo la mattina seguente, quando la donna, in stato di shock e a rischio emorragia, è stata trovata dai soccorritori.

In casa erano presenti anche i genitori, che ora dovranno chiarire il loro ruolo. I carabinieri hanno sequestrato alcune stanze dell’abitazione e un garage esterno per i rilievi. La Procura di Forlì sta ora cercando di ricostruire ogni dettaglio dell’accaduto, valutando anche la capacità d’intendere e di volere della 31enne, alla luce dei disturbi cognitivi di cui soffre.

Intanto il neonato, dopo essere stato dichiarato fuori pericolo, è affidato temporaneamente alle cure ospedaliere. I servizi sociali sono al lavoro per garantirgli una nuova collocazione familiare, mentre le indagini proseguono per accertare eventuali responsabilità e omissioni. Una vicenda che riapre il dibattito sulla tutela delle maternità fragili e sull’urgenza di strumenti più efficaci per prevenire tragedie simili.

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