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Caso Ferrullli, il 51enne morì durante l’arresto: poliziotti assolti anche in Cassazione

Giunge a conclusione la drammatica vicenda della morte di Michele Ferrulli. Rigettati i ricorsi presentati dalla Procura e dai familiari della vittima, contro la sentenza emessa dalla Corte d’assise d’appello di Milano nel maggio dello scorso anno.
A cura di Biagio Chiariello
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La Corte di Cassazione ha confermato le assoluzioni per i quattro poliziotti imputati per la morte di Michele Ferrulli, manovale di 51 anni deceduto a Milano per arresto cardiaco il 30 giugno 2011, mentre gli uomini delle Volanti lo stavano ammanettando a terra. La quinta sezione penale della ha rigettato i ricorsi presentati dalla Procura generale milanese e dai familiari di Ferrulli, parti civili nel processo, contro la sentenza emessa dalla Corte d'assise d'appello del capoluogo lombardo il 23 maggio 2016. I 4 poliziotti – Francesco Ercoli, Michele Lucchetti, Roberto Stefano Piva e Sebastiano Cannizzo – sono stati assolti in tutti i gradi di giudizio. Il giudici della Suprema Corte hanno in sostanza confermato quanto aveva già fatto dal Tribunale del capoluogo lombardo che a sua volta si era accodato alla decisione del primo grado del luglio 2014 e cioè il fatto che la condotta degli agenti è stata lecita e giustificata.

Il caso di Michele Ferrulli

Michele Ferrulli morì per arresto cardiaco mentre gli agenti lo bloccando in via Varsavia dopo un tentativo di controllo. In primo grado, nel luglio 2014 gli agenti erano stati assolti dalle accuse di omicidio preterintenzionale e falso in atto pubblico. A impugnare la sentenza era stato il pm Gaetano Ruta, che aveva chiesto condanne a 7 anni di carcere, e i familiari di Ferrulli, parti civili nel procedimento, assistiti dagli avvocati Carlo Federico Grosso e Valentina Finamore. Il sostituto pg di Milano Tiziano Masini aveva sostenuto che i quattro agenti avevano messo in atto contro Ferrulli "un arresto illegale e arbitrario", chiarendo che ad un "oltraggio a pubblico ufficiale, per cui non è previsto il provvedimento, non possono seguire addirittura violenze". E aveva parlato, infatti, di "botte" e "percosse". Ma anche secondo la Cassazione "il fatto non sussiste".

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