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Cadaveri in valigia, il figlio della coppia uccisa: “Con loro scomparse decine di migliaia di euro”

Taulant Pasho, il figlio dei coniugi albanesi Shpetim e Tauta Pasho i cui resti sono stati trovati lo scorso dicembre in alcune valigie abbandonate in un terreno alla periferia di Firenze, avrebbe confermato che con i genitori sarebbero scomparse decine di migliaia di euro che non sono mai state ritrovate. Il 33enne è stato infatti interrogato nel carcere di Como dove si trova detenuto per detenzione di droga.
A cura di Ida Artiaco
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Taulant Pasho, il figlio dei coniugi albanesi Shpetim e Tauta Pasho i cui resti sono stati trovati lo scorso dicembre in alcune valigie abbandonate in un terreno alla periferia di Firenze, nei pressi del carcere di Sollicciano, avrebbe confermato ieri nel corso dell'interrogatorio davanti alla pm Ornella Galeotti che i genitori erano soliti portare con loro molto denaro, pari ad alcune decine di migliaia di euro. La somma, che sarebbe scomparsa insieme alla coppia, di cui si sono perse le tracce nel 2015, non è mai stata ritrovata. Secondo quanto appreso, il 33enne, sentito nel carcere di Como dove si trova detenuto per detenzione di droga, avrebbe anche risposto a domande circa il suo rapporto con la ex fidanzata Elona Kalesha, indagata con lui per la morte della coppia insieme al fratello di lei, Denis Kalesha.

In particolare, l'uomo avrebbe riferito di aver ricevuto indietro da Elona Kalesha, pochi giorni dopo la scomparsa dei genitori, una somma che le aveva prestato, pari a diverse migliaia di euro. Sempre secondo quanto appreso, il 33enne albanese avrebbe dichiarato di non sapere nulla circa un'interruzione di gravidanza a cui la donna si sarebbe sottoposta pochi giorni prima della sua uscita dal carcere di Sollicciano, dove si trovava per reati di droga, e avrebbe negato con decisione che il bambino potesse essere suo. La donna è stata arrestata lo scorso dicembre nell'ambito dell'inchiesta, fu vista da alcuni condomini mentre portava via una o più valigie, da cui fuoriusciva un liquido dall'odore pungente, che lei giustificò come vino nell'appartamento di Scandicci, in via del Pantano, in precedenza occupato proprio da Taulant Pasho.

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