Bimbi nel bosco, lo psichiatra Cantelmi a Fanpage: “Mandarli a scuola sarebbe traumatico. La famiglia? Eccentrica”

I tre figli di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion, divenuti noti come la “famiglia nel bosco”, da gennaio inizieranno un percorso educativo con un'insegnante dell'istituto comprensivo di Palmoli, provincia di Chieti, all'interno della casa famiglia dove si trovano dal 20 novembre.
I piccoli, due gemelli di sei e una di otto anni, sino ad ora hanno sempre fatto homeschooling, era quindi la madre a occuparsi della loro istruzione. Il Tribunale per i minori dell'Aquila però non ha ravvisato un livello di scolarizzazione adeguato, e questo, tra gli altri motivi, ha spinto i giudici a decidere per l'allontanamento familiare.
Solo nei prossimi mesi si prevede l'ingresso dei bimbi in una scuola vera, in cui saranno seduti al banco insieme ai coetanei. Quest'ultima prospettiva, però, desta le perplessità di Tonino Cantelmi, psichiatra e professore dell'Università Gregoriana, nel team di consulenti di esperti scelti dalla difesa. Lo spiega a Fanpage.it.
Professore, l’inserimento a scuola non potrebbe aiutare i bambini a ritrovare quella socialità con i coetanei caldeggiata dai servizi sociali?
Immagini dei bambini che non sono mai stati scolarizzati che entrano in un gruppo classe già formato, composto da bambini con condizioni di vita completamente diverse, e che sanno già tutto della loro situazione perché lo hanno sentito in TV, e dai loro genitori. Un'accelerazione di questo tipo potrebbe essere lacerante per i bambini, sarebbe traumatico.
Allora quale soluzione sarebbe preferibile, nell’ottica della tutela dei minori?
Bisogna aiutare i genitori a fare una buona scuola parentale. In Italia è lecito, e ci sono già decine di migliaia di famiglie che lo fanno. Aiutiamoli. Credo che questa sia la strada.
Un inserimento graduale però potrebbe essere la soluzione.
Io penso che questa famiglia vada accompagnata pazientemente, e che bisogna trovare delle forme di accomodamento ragionevoli, rispettando il loro desiderio di fare una scuola parentale.
La casa aveva delle criticità strutturali, i bambini non parlerebbero italiano pur vivendo nel paese da tempo e non avrebbero un livello di istruzione adeguato alla loro età. Non sono tutte criticità su cui lo Stato è chiamato a intervenire?
Ricordiamo che siamo in una situazione di mancanza di violenza, maltrattamento e urgenza. Probabilmente questa famiglia è eccentrica e ha manifestato qualche rigidità, ma anche il sistema ha manifestato delle rigidità. Diciamo, quindi, che si sono scontrate due rigidità. Questo ci deve portare a ripensare l'intervento delle istituzioni in maniera più flessibile, almeno quando parliamo di situazioni in cui non ci sono abusi.
Che intende? Ci sono già delle proposte?
Nessuno di noi ha la risposta in tasca, ci sono tante domande. Ma se tutti lavorassero per raggiungere un equilibrio virtuoso, probabilmente ne beneficerebbe l'intero sistema e non solo questa famiglia. Forse si possono aprire strade nuove, nell’interesse del minore. In questo caso abbiamo assistito alla sottrazione di figure genitoriali che erano vissute come affettuose e presenti. Si tratta di un fenomeno inspiegabile per un bambino di sei o di otto anni. Pensiamo, poi, che questo vissuto se le ricostruisce e narra da sé.
Quando un buon genitore può definirsi tale?
Nessuno di noi è un genitore giusto, anche persone con disturbi psichiatrici possono essere dei buoni genitori.
Lei è stato nominato all'interno del team multidisciplinare che accompagnerà la difesa degli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, legali di Catherine e Nathan. Cosa succederà adesso?
Abbiamo già chiesto una revoca dei provvedimenti del Tribunale, e ci auguriamo che si metta in atto un nuovo modo per affrontare la situazione. Il mio compito è quello di accompagnare questa famiglia nel corso della perizia psichiatrica che è già stata disposta e che si terrà probabilmente il 2 gennaio. Sono convinto che troveremo una modalità di intervento.