Annega la moglie malata di Alzheimer, condannato il marito: non voleva fosse trasferita in una clinica

La Corte d’Assise di Ravenna ha condannato a nove anni e quattro mesi di reclusione Enzo Giardi, 79 anni, per l’omicidio volontario della moglie Piera Ebe Bertini, 77 anni, affetta da Alzheimer in stadio avanzato. La sentenza arriva a più di un anno da quella mattina del 9 settembre 2024, quando la donna venne trovata senza vita nella vasca da bagno della loro abitazione alla periferia della città.
Quella mattina fu lo stesso Giardi a chiamare il 112: "Venite, ho ucciso mia moglie", disse con un filo di voce al carabiniere che rispose. Quando i militari e il personale sanitario entrarono in casa, trovarono Piera Ebe Bertini ancora immersa nell’acqua. Come Giardi avrebbe raccontato poco dopo, l’anziana non si muoveva da ore, catatonica, e il giorno seguente sarebbe stata trasferita in una struttura specializzata, una decisione presa dai figli dopo anni di cura domestica.
In udienza, l’ex bancario ricostruì quei momenti con un dolore composto: la spesa fatta al mattino per acquistare i cibi preferiti della moglie, l’attesa fino a mezzogiorno sperando che si svegliasse, il timore delle piaghe da immobilizzazione, il senso di disperazione crescente. "Era come se me lo dicesse lei", dichiarò, spiegando di aver riempito la vasca e di averla adagiata nell’acqua senza premere la testa, osservando solo il lento cessare delle bollicine. Una scelta estrema maturata nella solitudine di anni di assistenza totale.
La Corte ha riconosciuto a Giardi la seminfermità mentale, il risarcimento già versato ai familiari e le attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulle aggravanti della minorata difesa e del vincolo matrimoniale. La procura, con il pm Daniele Barberini, aveva chiesto una pena più lieve: sei anni, due mesi e venti giorni. A Giardi sono stati inoltre imposti l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la dichiarazione di indegnità a succedere alla moglie.
Secondo la perizia psichiatrica, l’uomo avrebbe agito in uno stato di "burnout da caregiver", con una capacità di intendere e volere notevolmente ridotta ma non del tutto compromessa. Sul passato della coppia non sono mai emersi elementi di violenza o criticità: solo il peso crescente della malattia e l’isolamento che ne era derivato. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni.