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Anna Barbaro, non vedente a causa di un virus sconosciuto: ora è paralimpica e nuota verso Tokyo

Dieci anni fa un virus senza nome l’ha privata della vista, ma Anna ha saputo riprendere in mano la sua vita ed ha iniziato a sognare di diventare un’atleta paralimpica. E adesso il suo prossimo sogno si chiama Tokyo 2021: «Ero una persona abbastanza sedentaria, studiavo e mi muovevo poco – spiega l’atleta paralimpica -. Grazie a musica e università, avevo però acquisito una determinata disciplina e metodologia che poi ho sfruttato quando ho perso la vista, anche nello sport. Quanto imparato da vedente mi è tornato comunque utile».
A cura di Pasquale Zumbo
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Studiava ingegneria e musica, una ragazza come tante. Un giorno, però, un virus subdolo, senza nome, le ha danneggiato il nervo ottico e da quel momento, la vita di Anna Barbaro, giovane reggina, è totalmente cambiata. Adesso lavora ma ha soprattutto un sogno: le Paralimpiadi di Tokyo 2021.

«A marzo saranno 10 anni che non ci vedo più e che ho iniziato questa nuova vita nello sport – ricorda Anna -. All’inizio, mi sentivo uno spettatore di quello che succedeva intorno a me. Non riuscivo a realizzare che quello che mi stava succedendo. Ero molto silenziosa, cercavo di capire…». Diventare improvvisamente non vedente è un qualcosa difficile da metabolizzare ed anche per lei lo è stato. «C’è stato un momento nel quale mi sono chiusa in me stessa, mi sono lasciata andare su una poltrona, ed è stato lì che mio padre, dopo nemmeno tre giorni, mi ha detto: “Anna, vieni con me”. E mi ha portata in piscina”. In quel momento, la sua storia è cambiata.

«Ero una persona abbastanza sedentaria, studiavo e mi muovevo poco – spiega l’atleta paralimpica -. Grazie a musica e università, avevo però acquisito una determinata disciplina e metodologia che poi ho sfruttato quando ho perso la vista, anche nello sport. Quanto imparato da vedente mi è tornato comunque utile».

A darle la forza di reagire, di sognare, una frase di San Francesco che qualcuno le ha letto quando è diventata non vedente: “iniziamo col fare ciò che è possibile e poi ci ritroveremo a fare cose impossibili”. E così è stato.

«Ho iniziato lo sport solo per divertimento, per riprendere in mano la mia vita – afferma -. Poi, piano piano, tra una gara di nuoto, qualche Traversata dello Stretto…», Anna ha iniziato a coltivare l’idea di rendere lo sport qualcosa più di un passatempo. «Poi è nata, improvvisamente questa passione per il Triathlon. Perché? Mi regala libertà, questo senso di contatto con la natura ed ho anche ottenuto delle soddisfazioni a livello internazionale: il bronzo europeo, poi un primo posto nel “World ParaTriathlon Series” che per noi è il circuito più importante dopo il Mondiale, direi che sono stati dei risultati importanti».

Il cammino non è stato semplice né breve, ma Anna ha avuto sempre tante persone che l’hanno aiutata e sostenuta. «Sono arrivata a questi risultati grazie al mio allenatore e a tutti i miei compagni della Team 14, la squadra che abbiamo creato a Reggio. Tutti loro mi hanno sostenuto e continuano a farlo. Ci alleniamo assieme – aggiunge – e per me questo è un trarre forza perché su quel podio non sono sola ma ci siamo tutti».

Tra chi ha accompagnato sempre l’atleta reggina c’è Giuseppe Laface, suo allenatore di nuoto da 10 anni. «I suoi genitori l’hanno portata in piscina per ridarle un’occasione – ricorda -. La squadra “Team 14” è proprio questo, noi proviamo a dare veramente una mano, a riaccendere la scintilla in quelli che dicono di averla persa. Abbiamo iniziato insieme questo percorso – aggiunge l’allenatore – e stiamo continuando a lavorare fino all’obiettivo che Anna ha chiesto e voluto fortemente: voleva diventare, voleva essere un’atleta e lo è diventata».

Il grande obiettivo di Anna Barbaro sono proprio Paralimpiadi di Tokio che lei spera siano solo l’inizio di qualcosa di ancora più bello. «Nella mia mente – dice la reggina – ho sempre la frase di De André: “dai diamanti non nasce niente ma è dal letame che nascono i fiori”. E io spero che con Tokyo 2021 nasca un fiore e che dopo produca un frutto».

Oltre la maglia azzurra, Anna difende i colori delle Fiamme Azzurre. «La mia casacca è quella dell’Italia che mi ha aiutato e mi sostiene in questo percorso,  ma c’è anche quella delle Fiamme Azzurre. È la mia società sportiva e mi ha messo accanto una guida brava come Charlie, che mi permette di fare queste belle esperienze e che, essendo molto forte, mi permette di vincere le gare». Un binomio che, a causa della pandemia, non può allenarsi se non a distanza. «Viviamo lontane, io dico sempre che uniamo l’Italia – afferma con il sorriso -, da un estremo all’altro, perché lei è di Aosta e io di Reggio Calabria. Però, per quanto distanti, siamo un’accoppiata vincente. Ci sentiamo spesso e un team di allenatori che riesce a unirsi facendo sì che questa distanza venga quasi annullata».

Da sempre, a guidare i passi di Anna è Nora, il suo cane guida. «Ormai sono 10 anni che è parte di me – spiega commossa – e adesso la cosa più brutta è che andrà in pensione, totalmente meritata. Lei mi ha ridonato quella felicità, quella libertà che non credevo più di avere – conclude -, l’unico rimpianto sarà quello di non poterla avere a Tokyo».

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