A Bologna scioperano anche i detenuti-lavoratori: “Rinunciamo a un giorno di libertà per Gaza e la Flotilla”

Era il 1973 quando Fabrizio De André incise, in "Storia di un impiegato", uno dei versi più belli della sua produzione musicale e poetica: "Se c’è qualcosa da spartire / Tra un prigioniero e il suo piantone / Che non sia l’aria di quel cortile / Voglio soltanto che sia prigione". Chissà se hanno pensato a quelle parole i detenuti all'interno del carcere della Dozza che stamattina, in solidarietà con gli attivisti della Global Sumud Flotilla arrestati illegalmente da Israele e con la popolazione palestinese intrappolata a Gaza – la più grande prigione a cielo aperto del mondo – hanno deciso di scioperare, astenendosi dal lavoro per la società FID.
"Per noi reclusi andare a lavorare è un momento di libertà dal contesto carcerario in cui viviamo – si legge nella lettera scritta dai detenuti -. Nonostante ciò, rinunciamo a un giorno di libertà e al nostro stipendio. Questa decisione è stata presa per manifestare tutta la nostra indignazione per il genocidio in atto e per supportare le persone della Flotilla, arrestate con l'unica colpa di essere ambasciatori di umanità. Questo è il minimo che possiamo fare per poter ringraziare tutti quei cittadini che ogni giorno si battono per i diritti dei detenuti".

La Cgil di Bologna a Fanpage.it: "Dai detenuti una grande lezione sull'importanza dello sciopero"
La lettera dei detenuti è stata letta questa mattina in piazza da Michele Bulgarelli, segretario generale della Cgil di Bologna: "L’azienda FID – Fare Impresa in Dozza – è una realtà metalmeccanica che produce componenti per il settore del packaging e che opera all’interno del carcere della Dozza, coinvolgendo persone detenute in percorsi di lavoro e formazione", ha spiegato a Fanpage.it il sindacalista.
"Questa mattina, tramite i tutor aziendali – pensionati ed ex metalmeccanici che affiancano i detenuti nel loro percorso professionale – ci è arrivata la comunicazione ufficiale della proclamazione dello sciopero. È un documento molto toccante, che testimonia un gesto di grande valore. Parliamo infatti di detenuti che hanno scelto consapevolmente di rinunciare, per un giorno, non solo alla retribuzione, ma anche alla possibilità di uscire dalla cella per lavorare: una libertà importante all’interno della vita carceraria. È una decisione che merita profondo rispetto e che porta con sé un messaggio potente. Come segretario generale della CGIL di Bologna ritengo doveroso sottolineare la grande lezione che ci arriva da loro: ci ricordano che lo sciopero è un diritto fondamentale, un atto di dignità e solidarietà collettiva. E che chi sceglie di scioperare merita sempre ascolto e rispetto".
Fratoianni: "Meloni lo dica ai detenuti di Bologna che il loro sciopero è un week end lungo"
"In questo fiume di umanità che sta attraversando tutta Italia, da Bologna arriva una lezione straordinaria: i detenuti lavoratori che scioperano, rinunciano a un giorno di libertà (e allo stipendio) per fermare l'orrore del genocidio. Un'ulteriore lezione di dignità contro le parole indegne e offensive di Meloni". Lo ha scritto su Facebook Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra dopo aver appreso dai media che i detenuti che lavorano al carcere di Bologna hanno deciso di scioperare. "Meloni lo dica ai detenuti di Bologna – conclude il leader di SI – che il loro sciopero è un week end lungo. Io ci tengo a ringraziarli di cuore, davvero. Perché sono un'altra, forse la più alta, dimostrazione di umanità in questa giornata".
Cosa è Fare Impresa e perché è così importante per i detenuti
"Fare Impresa in Dozza" (FID) è una realtà produttiva unica in Italia. Si trova all’interno della Casa Circondariale della Dozza, a Bologna, ed è un’officina metalmeccanica nata nel 2012 grazie alla collaborazione tra i colossi dell’automazione industriale G.D., IMA, Marchesini Group e Faac.
Qui, ogni giorno, un gruppo di detenuti lascia per qualche ora le celle per entrare in un vero e proprio luogo di lavoro, dove tra rumori di chiavi inglesi e componenti meccanici la monotonia della detenzione si trasforma in impegno concreto e prospettiva di futuro. L’iniziativa, nata dal desiderio di unire responsabilità sociale e competenze industriali, ha dato vita a un laboratorio allestito negli spazi dell’ex palestra del carcere, dove i detenuti selezionati vengono formati da tecnici specializzati e dalla Fondazione Aldini Valeriani per imparare mestieri spendibili all’esterno, come l’assemblaggio e il montaggio meccanico per il settore del packaging. Si tratta di veri contratti di lavoro metalmeccanico, con orari regolari e compiti precisi: un’esperienza che per molti rappresenta non solo una possibilità di reinserimento, ma anche un momento di sollievo dal tempo sospeso della reclusione, una parentesi di normalità che restituisce dignità e ritmo alle giornate. Per questo la decisione di scioperare di alcuni detenuti-lavoratori assume un valore ancora più alto.