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125 anni fa nasceva Marina Cvetaeva, la poetessa triste che cercava l’amore

Marina Cvetaeva è stata una delle poetesse più celebri della stagione simbolista russa. Una donna tormentata nell’affannoso tentativo di trovare ciò che solo la poesia poteva esprimere: l’amore.
A cura di Federica D'Alfonso
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Marina Cvetaeva in una foto scattata a Parigi nel 1925.
Marina Cvetaeva in una foto scattata a Parigi nel 1925.

"Sparsi fra la polvere dei magazzini, dove nessuno li prese o li prenderà, i miei versi, come i vini pregiati, avranno la loro ora". Versi intensi, parole di una poesia vissuta e sofferta fino alla fine, quelli di Marina Cvetaeva: nata a Mosca l'8 ottobre del 1892, di lei il poeta Boris Pasternak scriverà che "era precisamente ciò che avrebbero voluto essere e non furono tutti gli altri simbolisti messi insieme".

Nella sua breve e tormentata vita la Cvetaeva scriverà centinaia di poesie e decine di racconti e drammi in versi, divenendo una delle più note voci della sua contemporaneità. Morirà suicida nel 1941 dopo aver attraversato l'Europa in guerra e aver visto il suo Paese in Rivoluzione, dopo aver amato molti uomini e anche alcune donne e aver trasformato quell'amore nel motivo centrale della sua poesia.

Marina, la creatura scorticata a nudo

Ritratto di Marina Cvetaeva.
Ritratto di Marina Cvetaeva.

"Come se mi avessero scavato dentro fino al midollo. Riconosco l'amore dal pianto delle vene lungo tutto il corpo". La Cvetaeva fu una donna estremamente passionale, innamorata dell'amore in tutte le sue forme. Ma nonostante le numerose infatuazioni e alcune storie anche con delle donne Marina cercherà di rimanere sempre al fianco di suo marito Sergej attraversando l'Europa in guerra. E forse fu proprio questa sua risoluzione a "seguirlo come un cagnolino", come lei stessa gli aveva giurato, a condannarla ad un'estrema ed asfissiante solitudine.

Dopo l'arruolamento di suo marito nelle guardie bianche durante la Rivoluzione, la Cvetaeva è costretta a una vita di elemosina e sofferenze, insieme alle due figlie: Irina, la più piccola, morirà in un orfanotrofio di lì a poco. Fugge a Praga, nella speranza di ricongiungersi a Sergej, che nel frattempo era divenuto un membro dei servizi segreti russi. Costretti nuovamente alla fuga, la donna si ritrova a dover inviare lettere piene di dolore nella speranza che il marito e l'altra sua figlia, rinchiusi in un campo di concentramento, le ricevano. Quando i tedeschi invadono la Russia Marina fugge a Elabuga, dove si ritrova sempre più povera e umiliata: qui, il 31 agosto del 1941, si toglie la vita impiccandosi.

Io sono una creatura scorticata a nudo, e tutti voi portate la corazza.

La poesia, il vero amore della Cvetaeva

A soli 18 anni Marina pubblica la sua prima raccolta di poesie, “Album Serale”. Due anni dopo, nel 1912, esce la seconda raccolta, “Lanterna magica”, e nel 1913 “Da due libri”. Ma saranno gli anni Venti, quelli subito dopo la Rivoluzione, a segnare per sempre la sua fama letteraria: con “Dopo la Russia”, “Il poema della montagna” e “Il poema della fine” Marina Cvetaeva diventerà una delle poetesse più celebri del suo tempo.

La sua poesia è musica, composta con il ritmo del cuore e suonata con le corde dell'anima: Marina parla costantemente dell'amore, di un amore tormentato, confuso, ma ancor più forte e risoluto proprio perché cerca nella poesia le risposte alle sue domande interiori. Leggere le poesie della Cvetaeva è come intraprendere un viaggio all'interno della sua stessa vita triste e affannata alla ricerca di qualcosa di perduto o mai esistito.

L'amore…è dolore che è conosciuto come gli occhi conoscono il palmo della mano, come le labbra sanno del proprio figlio il nome.

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