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Usare il termine “clandestino” per i migranti è discriminatorio: condannata la Lega Nord

Il tribunale di Milano ha condannato il partito guidato da Matteo Salvini per discriminazione, sostenendo che l’utilizzo del termine clandestino “ha una valenza denigratoria e viene utilizzato come emblema di negatività, poiché contraddistingue il comportamento delittuoso (punito con una contravvenzione) di chi fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del Testo Unico sull’immigrazione”.
A cura di Charlotte Matteini
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saronno clandestini

La Lega Nord, il partito guidato dal segretario Matteo Salvini, è stata condannata dal tribunale di Milano per discriminazione. La vicenda che ha portato alla sentenza di condanna nei confronti del Carroccio è relativa all'utilizzo del termine "clandestino" nei manifesti affissi lo scorso aprile nel comune di Saronno. Secondo il giudice Martina Flamini della prima sezione civile del foro di Milano il termine utilizzato dalla Lega è "discriminatorio e denigratorio" e pertanto il partito è stato condannato a pagare 10mila euro di danni e 4mila di spese processuali. Quelli che comunemente gli esponenti della Lega Nord definiscono a più riprese "clandestini", infatti, secondo la legge sono invece "richiedenti asilo" e la terminologia utilizzata dal Carroccio fa presupporre invece che la scelta del termine non sia casuale o frutto di ignoranza, ma operata proprio allo scopo di denigrare i migranti e richiedenti asilo che approdano in Italia. Il processo che ha visto soccombere la Lega Nord è stato intentato dalle associazioni di volontariato Asgi e Naga, le quali in seguito all'affissione di numerosi manifesti recanti il termine "clandestino" nel territorio di Saronno, comune guidato dal sindaco leghista Alessandro Fagioli, hanno proceduto a citare in giudizio il partito di Matteo Salvini.

In quella determinata occasione nel comune brianzolo il Carroccio stava organizzando una protesta contro la Caritas locale, rea di aver richiesto l'autorizzazione a ospitare 32 rifugiati in un convento di suore di Saronno. Dopo aver ricevuto la formale richiesta, la giunta ha rifiutato la concessione dell'autorizzazione motivando: "Non voglio africani maschi vicino alle scuole dove vanno le nostre studentesse" e il giorno successivo alla richiesta della Caritas in tutto il Comune vennero affissi manifesti contro i profughi, descritti come "clandestini'". Nella sentenza emessa dal tribunale di Milano si spiega che "il termine ‘clandestino' ha una valenza denigratoria e viene utilizzato come emblema di negatività, poiché contraddistingue il comportamento delittuoso (punito con una contravvenzione) di chi fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del Testo Unico sull’immigrazione".

"Con l’epiteto di ‘clandestino' si fa chiaramente riferimento ad un soggetto abusivamente presente sul territorio nazionale, ed è idoneo a creare un clima intimidatorio (implicitamente avallando l’idea che i ‘clandestini', non regolarmente soggiornanti in Italia, devono allontanarsi)", prosegue il giudice Flamini, sottolineando che "contrariamente rispetto a quanto indicato nei manifesti per cui è causa, i 32 ‘clandestini' sono persone che, esercitando un diritto fondamentale, hanno chiesto allo Stato italiano di riconoscere loro la protezione internazionale. Gli stranieri che fanno ingresso nel territorio dello Stato italiano, perché temono a ragione di essere perseguitati o perché corrono il rischio effettivo in caso di rientro nel paese d’origine di subire un grave danno, non possono considerarsi irregolari e non sono, dunque, ‘clandestini'".

Il giudice ha inoltre spiegato che "l’espressione ‘clandestini', evocando l’idea di persone irregolarmente presenti sul territorio nazionale – alle quali viene pagato “vitto, alloggio e vizi”, a costo di grandi sacrifici chiesti ai cittadini di Saronno, ai quali, invece, vengono tagliate le pensioni e aumentate le tasse – veicola l’idea fortemente negativa che i richiedenti asilo costituiscano un pericolo per i cittadini" e quindi "emerge con chiarezza la valenza gravemente offensiva e umiliante di tale espressione, che ha l’effetto non solo di violare la dignità degli stranieri, richiedenti asilo, appartenenti ad etnie diverse da quelle dei cittadini italiani, ma altresì di favorire un clima intimidatorio e ostile nei loro confronti".

Nel testo della sentenza, inoltre, si legge che il giudice Flamini non ha solo disposto la condanna pecuniaria della Lega Nord, ma ha anche imposto, allo scopo di bilanciare gli effetti "dell'elevato contenuto discriminatorio delle espressioni contenute nei manifesti, della loro portata denigratoria, della loro idoneità a creare un clima fortemente ostile nei confronti dei richiedenti asilo" la pubblicazione del provvedimento sui suoi siti Internet istituzionali, sulla Padania e su alcuni quotidiani nazionali.

Salvini: "Oltre all'immigrazione, vogliono imporci una nuova lingua italiana"

"C'è qualcuno che, oltre ad imporci un'immigrazione fuori controllo, vuole imporci anche una nuova lingua italiana. E dunque, io continuerò a pronunciare la parola messa al bando. Siamo alla follia, si perseguono gli italiani e i vocaboli usati. Io sono andato a controllare sulla Treccani il termine, onde evitare fraintendimenti. Basta leggere un dizionario della lingua italiana", ha dichiarato il segretario della Lega Nord Matteo Salvini commentando la sentenza di condanna per discriminazione.

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