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Ucciso in una chiesa da un gruppo di genitori: era stato condannato per pedofilia

Marcelo Fabian Pecollo, insegnante di musica e trombettista con l’orchestra della città argentina di Moron, sta suonando in chiesa quando è stato aggredito da un gruppo di genitori. “Quello è un pedofilo, uccidiamolo” hanno gridato. Il 42enne è morto in ospedale. Era uscito di carcere nel 2014 dopo una riduzione della pena a 30 anni per abusi su minori.
A cura di B. C.
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Quando a Buenos Aires si è sparsa la voce che quell’uomo che stava suonando la tromba in chiesa in passato era stato condannato per abusi su minori la gente non ci ha visto più. Accecato dall’ira, un gruppo di genitori ha fatto irruzione in una cattedrale nei pressi della capitale argentina e ha aggredito Marcelo Fabian Pecollo, insegnante di musica e trombettista con l'orchestra della città di Moron, condannato nel 2010 a 30 anni di carcere per aver molestato cinque bambini in età prescolare. L’uomo era stato poi liberato nel 2014, dopo una riduzione della pena. Pecollo è morto in ospedale per le ferite subite durante l’attacco. La notizia è stata riportata dal periodico La Nacion e ribattuta dal Times.

Il gruppo di genitori avrebbe fatto irruzione nella cattedrale, urlando: “C’è un un pedofilo e uno stupratore in chiesa e sta suonando in questa orchestra”. Pecollo, 42 anni, ha cercato di fuggire, ma il gruppo lo ha raggiunto e picchiato. Uno dei genitori lo avrebbe ripetutamente colpito con la sua stessa tromba, secondo i testimoni. "Quando sono arrivato, queste persone stavano lasciando la chiesa," ha detto il sacerdote Jorge Oesterheld ai media locali. "Quell’uomo era ridotto in molto davvero drammatico quando sono arrivati la polizia e l'ambulanza. Era in coma ed è morto Venerdì” ha detto il prelato. "Dicevano che volano farsi giustizia con le proprie mani, ma questo è un omicidio" ha accusato il prete. Pecollo era stato arrestato nel 2007, dopo che una donna lo aveva accusato di aver abusato del figlio di 4 anni. Altri sei presunti casi di pedofilia sono poi venuti alla luce. La corte ha riconosciuto l’uomo colpevole di cinque dei sette casi a giudizio.

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