Turismo dell’orrore a Motta Visconti: foto alla villetta teatro della strage familiare
"Abbiamo bisogno di silenzio”. Sono le parole che ha pronunciato sabato scorso monsignor Mario Delpini, vicario generale della Diocesi di Milano, nella chiesetta di San Giovanni Battista a Motta Visconti, teatro ormai una decina di giorni fa di una delle più efferate stragi familiari degli ultimi anni. Un appello rivolto anzitutto ai media, in merito all’uccisione di Cristina Omes e dei suoi figli Giulia e Gabriele per mano del marito Carlo Lissi. Motta Visconti ora sta provando a tornare alla normalità, ma un triste fenomeno sta prendendo piede anche in questo paesino, quello del turismo del macabro. Auto che passano, rallentano e poi si fermano. C’è chi scende, si fa una foto con lo smartphone e poi va via con un ricordo della casa dell’orrore il 31enne informatico reo confesso ha massacrato la famiglia. Ad oggi il motivo è sconosciuto: Lissi è rinchiuso nel carcere di Pavia e nell’interrogatorio di garanzia non ha risposto ai magistrati.
Da Cogne ad Avetrana, il turismo del macabro non muore mai
Quella del turismo del macabro è del resto una tendenza tutt’altro che nuova in Italia. Prima di Motta Visconti, c'era stato lo chalet di Cogne, tra le montagne valdostane, dove Anna Maria Franzoni uccise suo figlio, Samuele, 3 anni, nel 2002. Poi era toccato alla villetta di via della Pergola a Perugia, dove il 2 novembre 2007 fu assassinata la studentessa inglese Meredith Kercher. Per quanto quell’abitazione abbia catturato l’interesse dei curiosi nel corso degli anni, oggi nessuno vorrebbe acquistarla, come ha fatto sapere qualche mese fa l’agenzia immobiliare incaricata della compravendita. E’ ancora, la casa dei Misseri ad Avetrana, dove il 26 agosto 2010 è avvento uno degli omicidi più discussi degli ultimi anni: quello di Sarah Scazzi, 15 anni. Nella villetta di via Deledda ora Michele Misseri vive da solo (la figlia Sabrina e la moglie Cosima sono state condannate all’ergastolo), ma qualcuno ogni tanto si avvicina per scattare foto o chiedergli addirittura autografi e alimentare il turismo del macabro.