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Opinioni

Telecom Italia: in Brasile lascia o raddoppia?

Telecom Italia studia come uscire dall’empasse in Brasile. Sfumata la vendita di Tim Brasil a Telefonica, che ha messo gli occhi su Gvt (gruppo Vivendi), il gruppo italiano potrebbe proporre ai francesi un’integrazione industriale al ritmo di samba. O passare la mano cedendo alle lusinghe di Oi, sempre che non si rivelino un “bluff”…
A cura di Luca Spoldi
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Telecom Italia protagonista aPiazza Affari (+3,17% a 86 centesimi per azione a fine seduta), mentre gli investitori attendono novità sul fronte “caldo” del Brasile, un mercato su cui il gruppo italiano opera attraverso la controllata Tim Brasil ma che interessa molto anche al socio-rivale Telefonica (cui dopo la scissione di Telco, tuttora formalmente azionista di controllo del gruppo col 22,447%, resterà in mano una quota del 14,77% del capitale di Telecom Italia), al punto da proporre a Vivendi un’offerta da 6,7 miliardi di euro più la possibilità per i francesi di rilevare da Telefonica l’8,3% di Telecom Italia (che al momento vale 1,38 miliardi di euro), il tutto per mettere le mani su Gvt, la controllata (al 100%) brasiliana della stessa Vivendi (controllata dal finanziere bretone Vincent Bolloré che in Italia è tra i soci di Mediobanca, a sua volta finora socia al 7,34% di Telco), che verrebbe poi fusa con Vivo, controllata di Telefonica Brasil (gruppo Telefonica).

Una mossa che ha rischiato di spiazzare il gruppo italiano, apparso per mesi incerto se procedere a vendere al miglior offerente Tim Brasil, come già fatto con Telecom Argentina (che dovrebbe essere ceduta per 960 milioni di dollari al gruppo Fintech entro il prossimo primo settembre), così da utilizzare i proventi per ridurre l’indebitamento, o rilanciare il business anche attraverso una partnership industriale. La prima ipotesi sarebbe seriamente a rischio nel caso di successo dell’offerta spagnola, dato che l’Antitrust brasiliano non consentirebbe l’ulteriore acquisizione di Tim Brasil da parte di Telefonica Brasil dopo che questa avesse rilevato Gvt e che proprio Telefonica era stata ritenuta il potenziale acquirente della società controllata da Telecom Italia, la seconda ipotesi, preferita sia dall’amministratore delegato di Telecom Italia, Marco Patuano, sia dall’azionista di minoranza Marco Fossati (con Findim socio al 4,989%), dovrebbe vedere la luce entro la serata, approfittando anche della freddezza con cui finora Vivendi, che da parte sua spera evidentemente in un’asta al rialzo.

Per questo i Cda di Tim e Telecom Italia (in corso mentre scriviamo l’articolo) stanno esaminando la possibile contro offerta che proprio a causa dell’indebitamento del gruppo italiano (a fine giugno calato a 27,358 miliardi di euro) non potrà essere unicamente finanziaria ma dovrà per forza passare per uno scambio di asset. Secondo le anticipazioni di stampa si vorrebbe proporre una fusione Gvt-Tim Brasil, che valutasse Gvt sui 7 miliardi di euro, conferendo anche in questo caso azioni Telecom Italia (si parla di un 15%-20%, per un valore tra i 3 e i 3,3 miliardi di euro) a Vivendi. Il punto centrale sarebbe rappresentato dalla governance: Telecom Italia vorrebbe mantenere il controllo della società che nascesse dalla fusione delle due compagnia telefoniche brasiliane, ma potrebbe accettare di farlo attraverso una quota di maggioranza relativa e una serie di patti sociali, anziché mantenere la maggioranza assoluta del capitale della “newco”.

Proposta che potrebbe, il condizionale resta d’obbligo, essere più gradita al gruppo francese perché consentirebbe di sviluppare un progetto industriale, ma che presta il fianco ad un eventuale rilancio di Telefonica che migliorasse ulteriormente la sua valutazione o che aumentasse la percentuale dell’offerta in contanti. A ulteriormente complicare la vicenda, il gruppo telefonico brasiliano Oi, in procinto di fondersi con Portugal Telecom, ha fatto sapere con una nota ufficiale di aver dato mandato alla banca d’affari brasiliana Btg Pactual (già entrata nella vicenda Mps con l’acquisto di una quota del 2% dell’istituto senese e la sigla di un patto di sindacato con Fintech Advisory, entrata col 4,5%, e Fondazione Montepaschi) per “sviluppare alternative per consentire la proposta di acquisizione della partecipazione detenuta indirettamente da Telecom Italia” in Tim Brasil.

Un’avances che potrebbe far cambiare idea al gruppo italiano, sempre che non si riveli, come ha ipotizzato oggi l’avvocato Sergio Erede, advisor legale di Telecom Italia nella fase di definizione dell’offerta per Gvt, “una turbativa”. I seguiti delle turbative, ha concluso Erede, “possono essere molteplici”, tanto che “si finisce a volte anche in tribunale”. Chi ha orecchie per capire capisca: quel che è certo è che la vicenda segnerà probabilmente un punto di svolta per il futuro del gruppo telefonico italiano, da anni alle prese con un mercato domestico dove i margini e le quote di mercato sono sempre più sotto pressione, dall’altra con una gestione che più che industriale è apparsa molto concentrata sugli aspetti finanziari, non sempre (anzi) a vantaggio di tutti gli azionisti, tanto che il titolo dai quasi 6 euro attorno a cui era arrivato a quotare nel febbraio del 2000 era crollato sotto i 50 centesimi di euro per azione nel luglio dello scorso anno, prima di iniziare a recuperare molto parzialmente terreno.

Ma quale sarebbe la migliore soluzione per il gruppo italiano a questo punto? Secondo gli analisti di Kepler Cheuvreux (che consigliano l’acquisto, “buy” del titolo Telecom con un prezzo obiettivo di 1 euro per azione) entrambe le ipotesi sono interessanti, ma la cessione di Tim Brasil potrebbe liberare sinergie per 9 miliardi di euro da riconoscere pro-quota al gruppo italiano, mentre la fusione con Gvt genererebbe “solo” 3 miliardi di euro di sinergie, da condividere con Vivendi. Prevarrà una logica di mercato, l’ambizione del management o  l’interesse di questo o quel socio (legato o meno a Mediobanca)? Una prima risposta sarà nota nelle prossime ore, poi la palla passerà a Telefonica prima che Vivendì, che domani riunisce un comitato di gestione, possa formulare una prima valutazione sulle offerte che a quel punto saranno sul tavolo.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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