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Sinodo, rottura tra i cardinali, Papa Francesco a un bivio. Nessuna apertura ai gay

Dopo settimane di profonde spaccature, con fronti opposti guidati da cardinali africani ed europei, il Papa dovrà tirare le somme e decidere se e come cambiare su temi spinosi come gay e divorziati risposati.
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Papa Francesco nell'Udienza Generale del mercoledì 20 Maggio

E’ alle battute finali il Sinodo straordinario sulla Famiglia, fortemente voluto da papa Francesco. In queste ore i padri sinodali stanno votando, punto per punto, ciascuno dei 94 paragrafi preparati da una apposita commissione, che ha dovuto integrare nel testo finale molti dei 248 emendamenti presentati da cardinali e vescovi negli ultimi giorni. Anzi, il testo finale pare essere completamente diverso dall’instrumentum laboris, cioè dal documento che è servito per avviare la discussione. Ogni punto, per poter essere approvato, dovrà avere il via libera dai due terzi dei padri sinodali. In ogni caso sarà papa Francesco a tirare le somme e a decidere, in totale autonomia, se mantenere intatta la dottrina tradizionale e la disciplina pastorale sul tema della famiglia o se apportare delle modifiche. Tuttavia, non c’è da attendersi stravolgimenti epocali: ancora una volta, i padri sinodali hanno la definizione di famiglia come “un uomo ed una donna fedeli tra di loro ed aperti alla vita”.

Come ci si attendeva, ancora una volta la Chiesa cattolica non modificherà la sua posizione sui comportamenti omosessuali, che continueranno ad essere considerati “intrinsecamente disordinati”: l’avere rapporti sessuali tra due uomini o tra due donne continuerà ad essere considerato un grave peccato dalla Chiesa cattolica e questo per volontà di un’ampia maggioranza dei padri sinodali. I più rigidi su questo tema sono stati i cardinali africani, che sono andati allo scontro con quelli nordeuropei. In particolare, nelle scorse ore il vescovo di Anversa, Johan Bonny, noto negli ambienti ecclesiastici per le sue posizioni ultraprogressiste, ha lamentato di non aver proprio potuto discutere la questione del rapporto tra omosessuali e Chiesa cattolica. Questo perché, nel gruppo dei prelati di lingua francese, si è trovato davanti il cardinale Robert Sarah, leader dei tradizionalisti e prefetto della Congregazione per il Culto Divino, che durante il sinodo ha comparato l’ideologia gender a flagelli quali Isis e nazismo. Alla fine, il documento finale discuterà il tema dei gay solo relativamente al sostegno che la Chiesa dovrebbe dare alle famiglie in cui sono presenti omosessuali.

Stessa cosa è accaduta per il tema dell’ammissione alla comunione dei divorziati risposati: anche in questo caso i prelati africani e quelli europei si sono duramente scontrati, in quanto i primi hanno affermato che non si trattava di una priorità. Alla fine, il documento finale conterrà una parziale apertura, con la previsione di dare ai vescovi la possibilità di stabilire casi particolari, in condizioni straordinarie, per riammettere alla comunione i divorziati. La questione ha perso importanza rispetto al Sinodo del 2014, anche grazie alla decisione di qualche settimana fa di papa Francesco di facilitare la concessione della dichiarazione di nullità dei matrimoni, affidata, in certe situazioni, anche ai vescovi. Il ragionamento è che due cattolci che vengono fuori da precedenti nozze e che sono impegnati in una nuova unione, possono ora percorrere la strada di far annullare la prima, in modo da potersi risposare e tornare ad accostarsi all’Eucarestia.

Il cardinale Godfried Danneels, che era già presente al Sinodo sulla Famiglia del 1980, ha, però, detto che “la Chiesa è cambiata”, asserendo che “durante I sinodi passati, se tu non eri d’accordo con l’opinione comune la tua unica opzione era il silenzio, mentre ora puoi parlare.” Un passo in avanti fortemente voluto da papa Francesco, che ha più volte spinto i padri sinodali a dire comunque la loro, qualsiasi cosa pensassero.

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