Scuola, per i docenti gli studenti italiani sono poco “internazionali”
Duecentosei docenti universitari e 300 delle scuole superiori sono stati interrogati dall'associazione Intercultura allo scopo di monitorare la situazione degli studenti italiani sotto il punto di vista dell'internazionalizzazione: lo studio non ha preso in esame solo la conoscenza delle lingue ma più in generale la capacità dei giovani di "immergersi nel mondo". Ne è emersa una situazione certamente non positiva: secondo i docenti, infatti, i ragazzi italiani sono molto indietro rispetto ai loro coetanei del nord Europa sia per quanto riguarda la capacità critica che per la soluzione dei problemi, due doti che fino a qualche anno fa ci vedevano all'avanguardia. Secondo i prof, inoltre, anche la conoscenza delle lingue non è ottimale, se si esclude l'inglese a livelli basilari.
Il dossier di Intercultura tuttavia rivela anche positività: gli studenti italiani sono tra i migliori nell'utilizzo degli strumenti informatici, ma anche nella capacità di integrarsi con persone di culture completamente diverse. Il report ha giudicato anche i docenti: quelli di età più avanzata risultano in difficoltà nel mettersi al passo coi tempi e pagano lo scotto del confronto con i loro colleghi più giovani, che per conquistare una cattedra hanno dovuto sobbarcarsi esperienze all'estero, dottorati e una gavetta durissima nel precariato.
Ma se la scuola italiana non sembra essere al passo coi tempi non vuol dire che sia tutto da buttare: secondo i docenti, infatti, gli studenti escono dalle università con un elevato tasso di istruzione e forti di una qualità di insegnamento molto alta. Le maggiori criticità vengono riscontrate nel sistema scolastico di secondo grado e riguardano in particolar modo il livello di internazionalizzazione: gli studenti delle scuole superiori fanno poche esperienze all'estero e non affinano quindi alcune qualità come l'autonomia, la responsabilità e la capacità di prendere decisioni e affrontare le situazioni critiche. Secondo Roberto Ruffino, segretario generale della Fondazione Intercultura, "un soggiorno prolungato all’estero non produce solo competenze interculturali o l’apertura verso i problemi del mondo, produce una crescita complessiva della persona in quelle aree definite come i saperi essenziali per entrare nella vita attiva del XXI secolo: imparare a imparare, a progettare, a comunicare, a collaborare e partecipare, ad agire in modo autonomo e responsabile, a risolvere problemi, a individuare collegamenti e relazioni, ad acquisire e interpretare l’informazione. L’educazione interculturale è una conversione della mente, un nuovo modo di guardare al mondo".