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Roma: sequestrati beni per 19 milioni a Lady Asl

I carabinieri, su ordine della procura di Roma, hanno sequestrato beni mobili e immobili a Anna Iannuzzi e al marito Andrea Cappelli già condannati per lo scandalo sanità nel Lazio perché per i magistrati quei beni sono il frutto delle loro attività illecite.
A cura di Antonio Palma
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I carabinieri del Nucleo investigativo di Roma questa mattina hanno sequestrato beni mobili e immobili per un valore pari a oltre 19 milioni di euro a Anna Iannuzzi, conosciuta alle cronache con il nome di Lady Asl per i suoi affari nella sanità del capoluogo laziale, e al marito Andrea Cappelli. Tra i beni sequestrati alcuni immobili, 14 conti correnti e 17 depositi titoli oltre a svariato contante. Nel provvedimento di sequestro preventivo, firmato dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal pm Stefano Rocco Fava, si spiega che i due coniugi sono "socialmente pericolosi in quanto stabilmente dediti ad attività delittuose sin dal 1997". Secondo i giudici, infatti, marito e moglie più volte indagati e condannati con sentenze definitive, avevano accumulato un patrimonio non spiegabile rispetto a quanto dichiarato al fisco.

Sproporzione tra patrimonio e reddito – Nel decreto di sequestro i giudici scrivono che durante le indagini "è stata rilevata una netta sproporzione tra il patrimonio da loro accumulato negli ultimi anni e il reddito dichiarato al fisco" e che "vi sono più che sufficienti elementi per ritenere che i beni dei due coniugi siano il frutto di attività illecita o ne costituiscano il reimpiego". Secondo la Procura di Roma Lady Asl e il marito, entrambi 58enni, sono stati protagonisti di "sistematica e plurima commissione di reati connessi all’indebita percezione di risorse erogate dalla pubblica amministrazione" e addirittura avrebbero continuato ad agire illegalmente anche durante il processo di appello del 2009.

Condanne definitive e  sequestri – Lady Asl ed il marito Andrea Cappelli infatti sono stati al centro dell'indagine sulla sanità nel Lazio che ha portato alla scoperta di un sistema corruttivo che vedeva coinvolti anche funzionari pubblici. Secondo le varie indagini sul caso, fu accertato che fiumi di denaro pubblico finiva in società fantasma riconducibili alla signora Iannuzzi ed al marito. Ai due coniugi, condannati con sentenza definitiva per associazione per delinquere, falso materiale, corruzione, truffa aggravata e frode processuale, all'epoca furono già sequestrati e restituiti al Servizio sanitario regionale quasi 40 milioni di euro indebitamente percepiti.

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