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Reggio Calabria, due arresti: “Stragi organizzate da Cosa Nostra e ‘Ndrangheta insieme”

Alle stragi di mafia non partecipò solo Cosa Nostra, ma anche la ‘Ndrangheta: per questo stamattina sono stati arrestati due importanti esponenti della criminalità organizzata siciliana e calabrese.
A cura di Davide Falcioni
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Alla stagione delle Stragi di Mafia non ha partecipato, con un ruolo da protagonista, solo Cosa Nostra: anche la ‘Ndrangheta ha preso parte a quegli attacchi brutali allo Stato. Per questa ragione due importanti esponenti della criminalità organizzata siciliana e calabrese –  Rocco Santo Filippone e Giuseppe Graviano – sono stati arrestati questa mattina dagli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria su richiesta della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Per i due uomini finiti in manette, l’accusa è di aver partecipato nella strategia di attacco alle istituzioni che, dopo i brutali attentati costati la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e ai membri delle rispettive scorte, ha continuato a mietere vittime anche fuori dalla Sicilia.

"Cade in maniera netta l'assunto secondo cui la ‘ndrangheta, o cosche di primo piano di essa, sia stata totalmente estranea alla svolta ‘stragista' impressa da Cosa nostra negli anni '90. Molti aspetti di queste torbide vicende saranno chiariti". E' quanto si apprende in ambienti investigativi che hanno coordinato l'inchiesta che ha portato all'arresto di Rocco Santo Filippone e Giuseppe Graviano. Le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza hanno avuto l'effetto di un colpo di maglio su oltre venti anni di storia criminale da cui la ‘ndrangheta emerge come "alleato" affidabile di Cosa nostra "nell'attacco coordinato allo Stato ed alle sue istituzioni più rappresentative, come l'Arma dei Carabinieri". Secondo gli inquirenti si trattava di un "progetto di disarticolazione della democrazia e delle istituzioni", in un quadro politico, come quello degli anni '90, caratterizzato dall'instabilità istituzionale e dalla chiusura della Prima Repubblica.

In mattinata la procura di Reggio Calabria ha disposto una perquisizione in casa di Bruno Contrada, ex n. 2 del Sisde condannato per concorso in associazione mafiosa per cui, nelle scorse settimane, la Cassazione aveva revocato la condanna. La perquisizione rientra nell'inchiesta calabrese sugli attentati ai carabinieri. "Ci aspettavamo ed era ampiamente prevedibile – ha detto il legale di Contrada, l'avv. Stefano Giordano – una reazione da parte di chi ha perso e non si rassegna a questa inesorabile sconfitta".

Alla stessa scia di sangue – ha scoperto la Dda – sono da ricondurre anche gli omicidi dei carabinieri Antonio Fava e Giuseppe Garofalo, assassinati nelle vicinanze dello svincolo di Scilla il 18 gennaio 1994, e i due agguati che alcuni mesi dopo sono quasi costati la vita ad altri quattro loro colleghi. Si tratta di Salvatore Serra e Bartolomeo Musicò, all’epoca 29 e 34 anni, vittime il primo febbraio del 1994 di un agguato alla periferia sud di Reggio Calabria, e di Vincenzo Pasqua e Salvo Ricciardo, rimasti miracolosamente illesi dopo l’attentato subito il 1 dicembre dello stesso anno.

Secondo gli investigatori, i tre episodi non sono da interpretare come eventi scollegati fra loro ma vanno inseriti in un contesto di più ampio respiro e di carattere nazionale, che aveva come obiettivo la destabilizzazione del Paese. Un piano progettato non solo dalla ‘ndrangheta , ma sviluppato attraverso la sinergia, la collaborazione e l’intesa di diverse organizzazioni criminali. Per la Procura di Reggio, la mafia calabrese "risultava particolarmente inserita in quei rapporti con la destra eversiva e la massoneria occulta, proprio in quel periodo stragista in cui entrambe le organizzazione sostennero il disegno federalista attraverso le leghe meridionali".

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