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PIL 2015, nuovo taglio delle stime da parte di Bankitalia

Il calo del prezzo del petrolio potrebbe sostenere la crescita, mentre l’ultimo trimestre del 2014 ha fatto registrare un timido aumento dei consumi. Ancora male l’occupazione.
A cura di Redazione
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Stima ancora una volta troppo ottimistica, quella che a luglio accreditava all'Italia un PIL del +1,3% per il 2015. Secondo le nuove stime della Banca d'Italia, il prodotto interno lordo dell'anno in corso sarà un più modesto +0,4%, mentre il 2014 dovrebbe assestarsi su un -0,4%. Nel 2016 invece ci sarà un ripresa più decisa, valutata del +1,2%. Le stime, precisa Bankitalia, sono in linea con quelle dei maggiori previsori, tra i quali il Fmi che parla di +0,8% nel 2015 e +1,3% nel 2016, la Commisione +0,6% nell'anno in corso e +1,1% nel prossimo, mentre l'Ocse stima un +0,2% nel 2015 e un +1% nel 2016. Nel complesso il PIL italiano si trova sette punti percentuali al di sotto dei livelli del 2007. Il debito pubblico a dicembre dovrebbe essere diminuito, ma il rapporto tra debito e Pil dovrebbe essere salito 4%, arrivando a circa il 132%.

I consumi hanno fatto registrare una timida ripresa nell'ultimo trimestre del 2014, attestandosi al +0,3% su scala annuale e raggiungendo, secondo previsioni, un +0,9% nei prossimi due anni. Secondo Bankitalia, la crescita dei consumi sarà legata alla "ripresa del reddito disponibile in parte connessa con le misure inserite nella legge di stabilità per sostenere i redditi medio-bassi".

Male l'occupazione, nonostante i consumi in lieve crescita. Per quanto "nei mesi estivi del 2014 il numero di occupati – rileva il bollettino – sia aumentato, seppur lievemente", le aspettative per i primi mesi del 2015 continuano ad essere negative. A sostenere la ripresa economica potrebbe contribuire in maniera determinante il calo del prezzo del petrolio, dovuto sia alla crescita dell'offerta (sostenuta soprattutto dagli Usa) che all'indebolimento della domanda (registrata soprattutto in Asia). Tuttavia, avverte la Banca d'Italia, la caduta dei prezzi del grezzo "non è priva di rischi per la stabilità finanziaria dei Paesi esportatori".

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