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Nepal, Onu: “8 milioni di sfollati”. Una decina gli italiani ancora da rintracciare

Sale drammaticamente il bilancio delle vittime del terremoto che ha colpito il Nepal. Il premier: “Temiamo 10mila morti”.
A cura di Davide Falcioni
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UPDATE ORE 18.25 – Una decina gli italiani irreperibili.  Secondo quanto comunica la Farnesina, sono scesi a una decina gli italiani non ancora rintracciati in Nepal. “Nelle ultime ore – così il ministero in una nota – grazie alla ripresa parziale delle telecomunicazioni cellulari e al fatto che i soccorsi hanno potuto raggiungere alcune zone remote del Nepal, la ricerca costantemente effettuata dall'Unità di crisi del ministero degli Esteri ha dato i suoi esiti consentendo di riprendere i contatti con diversi connazionali che non si riuscivano a rintracciare”. “Al momento – è precisato nella nota – scende a una decina il numero degli italiani che la Farnesina sta ancora cercando di contattare”. Intanto il bilancio delle vittime continua a crescere: si parla di 5057 morti. La stima del premier Sushil Koirala è ancor più drammatica: ha detto infatti di temere 10mila vittime. Il Centro nazionale per le operazioni di emergenza del Nepal ha aggiunto che i feriti sono 10.915, mentre la stima dei profughi interni è di 454.769 persone.

UPDATE – Le autorità nepalesi hanno reso noto un bilancio aggiornato delle vittime del terremoto, che sono 4.485. I feriti sono invece 8.235. Intanto il ministro degli Esteri Gentiloni ha aggiornato la situazione degli italiani: le vittime accertate sono 4, mentre i nostri connazionali ancora da trovare 39 anche se il titolare della Farnesina tiene a sottolineare che "questo non vuol dire che siano dispersi". La  situazione in Nepal, aggiunge il ministro, è "complicata e confusa, abbiamo lavorato prima di tutto a rintracciare i connazionali e finora ne abbiamo trovati 347, tra cui purtroppo le quattro persone che hanno perso la vita".

Sono almeno 8 milioni le persone colpite dal devastante terremoto di magnitudo 7,8 che ha distrutto vaste aree del Nepal, provocando oltre 4 mila vittime e quasi 8mila feriti: la stima arriva dalle Nazioni Unite, che hanno precisato come purtroppo il bilancio di morti e feriti sia destinato a salire a mano a mano che i soccorritori riescono a raggiungere le zone rurali, quelle più a ridosso della catena dell'Himalaya, dove si temono altre migliaia di morti e milioni di sfollati. Tra le vittime ci sono anche quattro cittadini italiani, mentre altri 40 sono ancora irreperibili e col passare delle ore aumentano le preoccupazioni che possano esserci altri morti tra i nostri connazionali. In particolare l'unità di crisi della Farnesina teme per la sorte di Aaron Hell, un cuoco trentino di 22 anni il cui telefono è irraggiungibile dal giorno del sisma.

Il terremoto, il più grave ad aver colpito il Nepal dal 1934 – quando le vittime furono quasi 20mila – ha prodotto milioni di sfollati. Tra essi, secondo le stime dell'Unicef, ci sarebbero almeno un milione di bambini che hanno urgente bisogno di aiuti umanitari e da giorni sono costretti a dormire fuori dalle proprie case, andate distrutte o spesso pericolanti. Il rischio, che si fa sempre più concreto, è che con il trascorrere del tempo ai morti causati dal sisma possano aggiungersi quelli di possibili epidemie: "Mancano acqua potabile e servizi sanitari", spiega l'Unicef, comunicando che in queste condizioni il rischio di contagio di malattie è altissimo. Nelle prossime ore dovrebbero arrivare a Kathmandu due aerei cargo carichi di 120 tonnellate di aiuti umanitari, tra i quali medicinali, tende e coperte.

Quella per l'invio di aiuti umanitari è una vera e propria lotta contro il tempo: Pakistan, India e Cina hanno già spedito tonnellate di materiale, mentre il segretario di Stato Usa John Kerry ha promesso lo stanziamento di 10 milioni di dollari e l'invio di un team di 130 esperti in disastri naturali. Il Giappone, specializzato nel fronteggiare terremoti, farà la stessa cosa inviando 110 specialisti. Gli aiuti sono iniziati ad arrivare ieri, ma il timore è che possano impiegare ancora qualche giorno per raggiungere le zone rurali più isolate. Servono in particolare medicinali, cibo, acqua potabile e vestiti caldi.

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