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“Mi ha violentata”: urla in strada e fa uccidere il molestatore, ma si era inventata tutto

L’uomo ucciso a calci e a pugni dal padre della ragazza e da alcuni passanti. Qualche mese prima aveva aggredito la coinquilina della ragazza.
A cura di A. P.
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Latiqwa Mayes, una ragazza 20enne di Baltimora nel Maryland, è stata condannata a sei anni di carcere per aver  fatto picchiare un uomo a morte dopo averlo accusato di averla violentata.  La 20enne e la sua vittima, Donald Robinson, si erano incrociati qualche mese prima quando l’uomo aveva fatto irruzione nella stanza che condivideva in una pensione con un'altra ragazza e aveva prima devastato tutto e poi aggredito la sua coinquilina. All’uomo, secondo Latiqwa, non era stata data una giusta condanna per quello che aveva fatto e quando poco dopo lo ha incontrato per strada non ci ha pensato su due volte e piena di rabbia e rancore ha urlato “Mi ha violentata. È un molestatore sessuale”. Il suo scopo era far dare all’uomo in questo modo una vera e propria lezione per quello che aveva fatto. A quel punto, il padre della ragazza, Willie Mayes si è scagliato contro l'uomo e ha cominciato a picchiarlo. A lui subito si sono aggiunti alcuni passanti e un gruppo di ragazzi che giocava a baseball nelle vicinanze.

Condannata a sei anni di carcere

Dalle alcune telecamere di sorveglianza che erano sul posto si vede che mentre la 20enne spruzzava negli occhi  dell’uomo spray al peperoncino, il padre e le altre persone lo prendevano a calci e pugni. La vittima dopo il pestaggio ha perso conoscenza ed è stato trasportato in ambulanza all'ospedale, dove è morto poche ore più tardi a causa delle lesioni interne. Latiqwa e Willie Mayes e altre quattro persone sono state arrestate. Durante il processo l’avvocato difensore della ragazza e del padre ha sostenuto che il gesto era stato compiuto contro un uomo che era violento e pericoloso e che, violando la libertà vigilata, si aggirava impunito per le strade della città. Il giudice però ha sostenuto che il reato commesso da Robinson non giustifica un attacco violento e l’idea di farsi giustizia con le propri mani. Il padre e la figlia sono stati quindi dichiarati colpevoli di omicidio di secondo grado. Ora la 20enne dovrà scontare sei anni, mentre il padre due anni.

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