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“La Pop Art? Moda passeggera, non grande arte”: la Serbia rifiuta così l’omaggio a Warhol

La posizione del vicepresidente del partito democratico serbo è chiara: la statua in onore di Warhol a Belgrado non s’ha da fare. Simbolo di una moda passeggera, non di arte, il padre della Pop Art viene liquidato così.
A cura di Federica D'Alfonso
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Andy Warhol nel 1966
Andy Warhol nel 1966

“Non è grande arte, è solo moda”: così il vicepresidente del partito democratico serbo (DSS) Uros Jankovic ha definito Andy Warhol e la Pop Art. Non solo in Serbia, ma anche all'estero, secondo il politico, il successo di Warhol sarebbe da imputare più ad un fenomeno di costume che al suo linguaggio espressivo che ha reinventato l'arte del secondo Novecento. Ma perché un politico parla di arte? Perché, quando si ha a che fare con Warhol, tutto è estremamente politico.

Jankovic si è scagliato con forza contro la proposta di realizzare un monumento in onore del padre della Pop Art, a Belgrado. Secondo il politico, che ha rilasciato un'accesa dichiarazione al quotidiano serbo B92 risuonata poi sulla stampa internazionale, Warhol sarebbe il simbolo di “un complesso d'inferiorità nei confronti dell'Occidente”, un'Occidente che osanna la sua arte per pura “moda temporanea”, e non perché il messaggio dell'artista statunitense abbia effettivamente avuto un qualche valore artistico.

Ma l'invettiva di Jankovic non si è fermata qui: l'esponente del DSS ha suggerito che al posto di Warhol si renda omaggio a figure culturali più meritevoli di questo onore. Il candidato più adatto ad incarnare lo spirito “cosmopolita” che la statua intende omaggiare sarebbe lo scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe, oppure i pittori jugoslavi Sava Sumanovic e Mica Popović.

Andy Warhol: fra rifiuto e censura

D'altra parte non è la prima volta che il nome di Andy Warhol risulta sgradito alla politica: nel 2013 il governo di Pechino ha vietato l'esposizione del famosissimo ritratto di Mao Zedong nell'ambito della mostra “Andy Warhol: 15 Minutes Eternal” voluta per celebrare i 25 anni dalla scomparsa dell'artista. Jackie Kennedy, Marylin Monroe, la Zuppa Campbell, Silver Liz, l'Ultima Cena: nessuno mancava all'appello, soltanto Mao.

Ma già nel 1964, mentre la Pop Art si affermava in tutto il mondo, Andy Warhol venne praticamente censurato dal governo statunitense. In occasione della Wold's Fair all'artista venne commissionata un'opera per la facciata del New York State Pavillion: invece di una delle sue classiche “icone”, già famosissime, come la Campbell Soup, Warhol decise di porre sull'edificio un gigantesco pannello che raffigurava 13 fra i criminali più ricercati dal New York Police Department. Appena subito dopo l'inaugurazione l'opera venne cancellata, lasciando solo un enorme muso grigio.

Ora in Serbia: anche se non si può parlare ancora di censura, dato che la decisione ufficiale del governo serbo in merito alla realizzazione della statua non è ancora stata resa pubblica, è chiaro come il nome di Andy Warhol venga ancora pronunciato con un po' di diffidenza. Se le ragioni politiche di questo rifiuto sono facilmente comprensibili (Warhol è pur sempre figlio di una cultura pop fortemente occidentale che pur criticando e decostruendo gli idoli stessi dell'occidentalità ne fa comunque parte), poco chiare restano le motivazioni “artistiche”, di gusto potremmo dire, portate avanti da Uros Jankovic. Se Warhol fosse davvero una “moda passeggera”, saremmo ancora qui a parlarne?

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