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Cocoricò, il padre di un 16enne morto per droga: “Riapriamo la discoteca”

Gianpietro Ghidini, padre Emanuele, morto nel novembre del 2013 gettandosi nelle acque del fiume Chiese a Gavardo, sotto l’effetto di una dose di droga sintetica, lancia la proposta al questore di Rimini La madre del pusher del Cocoricò: “Ho fallito”.
A cura di Antonio Palma
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"Se posso dir una cosa ai genitori di Lamberto Lucaccioni, vorrei chiedergli perdono e vorrei poter avere la possibilità di abbracciare quella donna, dirle che sono mortificata, che mi dispiace e che questo dolore me lo porterò dentro per tutta la vita". A Parlare è la mamma del pusher 19enne accusato di aver causato la morte del giovane Lamberto Lucaccioni alla discoteca Cocoricò di Riccione fornendogli alcune pasticche di droga. In un'intervista a Repubblica la signora Gloria si dice sconvolta e incredula per tutto quello che è successo e non riesce a spiegarsi come ciò sia potuto accadere. "Non riconosco mio figlio in quello che ha fatto a Riccione. Posso descrivere quello che ho cresciuto e che conosco. Frequenta l'oratorio della parrocchia e si è diplomato quest'anno con 81 al liceo scientifico. Ha un carattere straordinario, socievole, spiritoso, brillante. Sogna di diventare un grafico e infatti stava cercando l'università a cui iscriversi. Ecco questo è mio figlio, un ragazzo come tanti" ha raccontato la donna distrutta dal dolore per la morte di un 16enne che conosceva benissimo.

Il fratello più piccolo del pusher, anche lui 16enne, infatti era molto amico di Lamberto Lucaccioni perché i due erano compagni di scuola. Per questo la signora Gloria conosce bene anche i genitori del 16enne, ma non ha trovato il coraggio di chiamarli dopo la tragedia. "Sentendo tutto quello che hanno detto in tv di mio figlio, ho avuto paura di chiamarli" ha spiegato la donna. "Non so bene come è andata. So solo che è morto un ragazzino e che mio figlio è finito in una cosa più grande di lui. I suoi occhi erano pieni di dolore, vergogna, pentimento. Mi ha abbracciato, è scoppiato a piangere e mi ha detto ‘Mamma ho fatto una grossa cavolata. Mamma è tutta colpa mia, aiutami'. Ha subito ammesso le sue responsabilità, e ora porta il peso della morte di un ragazzino sulle spalle e nel cuore" ha proseguito la donna, concludendo: "So di aver trasmesso tutti i valori giusti, quelli in cui credo, sia io che mio marito, e so che purtroppo fuori di casa ormai per un giovane c'è tutto a portata di mano: droghe di ogni sorta, alcol, eccesso. Quindi quello che offre il mondo a un giovane e la mia educazione su cui mai avrei dubitato, sono i veri responsabili di quanto è successo".

​"Riapriamo il Cocoricò, creiamo dei momenti durante la nottata in cui per 20 minuti si spegne la musica e qualcuno ricorda ai ragazzi i rischi dello sballo e la bellezza". E' la proposta giunta al questore di Rimini da Gianpietro Ghidini, il padre di Emanuele, il 16enne affogato nel novembre del 2013 dopo essere finito nel fiume Chiese a Gavardo, nel Bresciano, sotto l'effetto di una dose di droga sintetica. Mio figlio quella sera – scrive Ghidini – non era in discoteca, ma il luogo dello sballo era una casa privata". Per il padre bresciano "il problema dei giovani non é tanto la discoteca, ma le tematiche complesse che li stanno portando a cercare lo sballo come unica modalità di divertimento".

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