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La faccia di Davide Bifolco

Un anno fa veniva ammazzato Davide Bifolco.
A cura di Rita Cantalino
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Davide aveva sedici anni, gli occhi sorridenti e una faccia da scugnizzo. Una notte di settembre un proiettile lo ha ammazzato. Un uomo lo ha ammazzato. Ma siccome quell'uomo non indossava giacca e cravatta, non indossava dei jeans e una maglia ma teneva addosso una divisa, quell'omicidio là, a quanto pare, non conta. C'è poco da interrogare, poco da indagare. Il fatto che Davide sia morto, semplicemente, non fa niente. Non fa niente perché oltre ad avere sedici anni, gli occhi sorridenti e una faccia da scugnizzo, Davide stava su un motorino con altre due persone, ed è successo che non si sono fermati a un posto di blocco, e un proiettile, un uomo, ha ritenuto questa una ragione sufficiente per ammazzarlo.

Davide abitava in un quartiere di periferia, e la sua faccia scapestrata lo teneva tutto disegnato sopra, quel quartiere. Il Rione Traiano è un posto di palazzine e strade larghe, di ragazzini in motorino e la sera il deserto. Per capirlo, se mai lo puoi capire, devi vedere due cose. La prima cosa che devi vedere è a pochissimi metri da dove Davide è stato ucciso. Il Polifunzionale di Soccavo è un mostro di quarantamila metri quadrati che qualcuno ha pensato di inventarsi per riqualificare la periferia Ovest più di cinquanta anni fa. Un giorno hanno deciso che sputando un po' di cemento a caso si sarebbero inventati lo sviluppo, che mettendo una megastruttura in mezzo al nulla, il nulla poteva diventare qualcosa. Ma non era vero. Non ci credeva nessuno. Non l'hanno nemmeno finito, non ne valeva la pena. E il Polifunzionale tiene la faccia del Rione Traiano, che tiene la faccia di Davide. Un luogo in cui nessuno ha creduto, un luogo incompleto, un luogo che non verrà finito. Un posto di cui qualche privato gestisce alcune parti. Non è una banalità, ed è tragicamente azzeccato il fatto che stia così vicino a dove hanno sparato a Davide. Perché il Polifunzionale è l'ennesimo buon proposito finto che ogni tanto ci dobbiamo dare, per sentirci meglio. è l'ennesimo problema che facciamo finta di non vedere, che non vogliamo porci. Come Davide. Si va avanti, la vita continua, era uno. "Uno in meno", ha detto qualcuno.

La seconda cosa che devi vedere è nel punto esatto in cui Davide è stato ucciso. Ci sta una specie di altare, un sacco di fiori e la sua faccia sorridente. Nel cuore del suo quartiere ci sta la sua faccia, che quel quartiere lo tiene disegnato sopra. E forse questo fatto qua, il fatto che Davide tenesse sulla faccia il posto da cui veniva, che nei suoi occhi sorridenti potevi vedere le palazzine e le strade larghe, e quella bellezza piena di odio e di amore che solo se la periferia la tieni addosso puoi capire, forse tutto questo ha determinato il fatto che se Davide è morto, in fondo, non fa niente.

Il punto non è l'impunità della divisa, non è solo questo. Il punto è che se la stessa divisa avesse sparato a uno di un altro quartiere, in un'altra situazione, con un'altra faccia, io non ci credo che sarebbe stato uguale. Non ci credo perché all'indomani della morte, dell'assassinio, di un ragazzo di sedici anni, qualcuno ha detto che alla fine se lo meritava. Di morire a sedici anni perché stava a tre sul motorino. Perché se non ti fermi a un posto di blocco devi mettere in conto che puoi morire. Solo che io penso che se non ti fermi a un posto di blocco e hai una faccia bella come quella di Davide, una faccia che tiene scritto sopra da dove vieni, allora tutti possono dire che te lo meritavi ma se tieni un'altra faccia no. Davide era figlio di un dio minore, un dio che non sta sull'Olimpo e non tiene una villetta o un attico sul mare ma vive dentro a delle palazzine, vicino a un mostro di cemento che è così messo male che non fa nemmeno paura.

Ed è solo questa la ragione per cui di Davide non si ricorda più nessuno. La ragione per cui Davide non avrà giustizia. Non il fatto che stava a tre sul motorino, non il fatto che forse, ma solo forse, teneva un amico pregiudicato, non il fatto che non teneva il casco, non il fatto che è scappato da un posto di blocco. Fino a che non ci diciamo così, l'uccisione di Davide non sarà mai quello che è: un omicidio. E non solo avrà perso la vita, ma pure la sua storia. Perché di Davide questo ci rimane: la sua storia, il ricordo sterile di un ragazzo che teneva sulla faccia il suo quartiere. Ma tanto la sua faccia sta là, su un altare in mezzo a una strada. Solo che quella strada e quell'altare stanno nel Rione Traiano, e quindi chi li dovrebbe vedere, chi li dovrebbe tenere tutti i giorni davanti agli occhi, non li vedrà mai.

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Blogger e attivista. Nata a Napoli nel 1988, dove mi sono laureata in filosofia politica. Sono stata coordinatrice provinciale dell'Unione degli Studenti Napoli e coordinatrice cittadina di Link, coordinamento universitario. Ho lavorato come educatrice per Libera in progetti con ragazzi provenienti da contesti di disagio. Il mio blog personale è Errecinque. Ho un sacco di romanzi nel cassetto.
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