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I vescovi calabresi contro mafiosi e collusi: non potranno esserci alle processioni

Dopo il caso degli “inchini” della statua della Madonna ad Oppido Mamertina, la Conferenza episcopale calabra ha redatto un documento col quale chiede le porte della Chiesa alle strumentalizzazioni della ‘ndrangheta e prendere le distanze dai fenomeni mafiosi.
A cura di B. C.
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I mafiosi non possono essere padrini di battesimo o cresima, né testimoni di matrimonio; i loro funerali possono essere celebrati se non c’è stato, da parte del defunto, "un precedente espresso rifiuto della celebrazione religiosa”, ma devono avvenire “in forma semplice, senza segni di pomposità, di fiori, canti, musiche e commemorazioni", al limite anche limitandosi alla parte delle letture senza la celebrazione eucaristica. E’, in sintesi, quanto si legge in un documento di cinquanta pagine – di cui dà notizia Repubblica – redatto dalla Conferenza episcopale calabra che, di fatto, chiudono le porte della Chiesa alle strumentalizzazioni della ‘ndrangheta, dopo il caso degli "inchini" della statua della Madonna ad Oppido Mamertino. In tal senso, nel manifesto dei presuli viene evidenziato pure che l'organizzazione delle processioni deve essere controllata da una commissione diocesana e ottenere il nulla osta del vescovo nei casi in cui ci possa essere il rischio di infiltrazioni illecite, per evitare che le "manifestazioni genuine di pietà popolare" diventino "appannaggio delle famiglie ‘ndranghetiste del luogo, che mirerebbero soltanto a favorire la loro esteriore rispettabilità o, ancora peggio, i loro interessi economici e di potere".

Se la criminalità mafiosa è antievangelica e se la Chiesa è chiamata a contrastare ogni forma di peccato con la testimonianza e con la coerenza cristiana – scrivono i vescovi calabresi – ne consegue che la tradizione popolare delle processioni quale tesoro da custodire e valorizzare come genuina manifestazione di fede, va mondata da incrostazioni e devianze". Si tratta, viene sottolineato, di tenere i riti sacri "al riparo da eventuali usi impropri e illeciti, o addirittura immorali e peccaminosi”.

E’ bene precisare che le limitazioni alle celebrazioni religiose non riguardano solo chi ha riportato condanne, ma anche alle persone che "risultino affiliate o comunque contigue ad associazioni ‘ndranghetiste" e che, "con il loro operato o connivenza", siano funzionali alla "affermazione sul territorio" degli interessi criminali. Tra le linee guida dei vescovi, spicca anche quella che viene definita "una nuova evangelizzazione" dei contesti ad alta densità mafiosa. Viene raccomandato infatti di "incentivare nelle parrocchie il dibattito culturale sui temi della socialità, della giustizia, dell'impegno civile e della partecipazione. Ai parroci viene poi affidato il compito di curare "forme di sostegno economico, psicologico e spirituale per i familiari delle vittime di mafia".

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