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Gli italiani guadagnano meno di 20 anni fa, Sud più a rischio povertà

Per il Fondo monetario internazionale gli italiani guadagnano in media meno di 20 anni fa, con i salari e la ricchezza della popolazione in età lavorativa scesi sotto i livelli del 1995, prima dell’ingresso nell’euro.
A cura di Susanna Picone
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L’Italia è in ripresa, ma gli italiani guadagnano in media meno di venti anni fa. I salari e la ricchezza della popolazione in età lavorativa scesi sotto i livelli del 1995, prima dell'ingresso nell'euro. È quanto afferma il Fondo monetario internazionale (Fmi) nell'Article Iv sull'Italia, sottolineando che i redditi pro-capite torneranno a livelli ai livelli pre-crisi solo fra un decennio. L'Fmi sottolinea che la quota degli italiani a rischio povertà è aumentata al 29 percento, con un picco del 44 percento nel Sud-Italia. Secondo il Fondo monetario internazionale, l'economia del Belpaese sta sperimentando il “terzo anno di moderata ripresa economica” con la prospettiva imminente di un calo del rapporto debito/Pil, che il prossimo anno scenderà al 131,6 percento rispetto al 133 percento previsto per il 2017. I rischi però sono “significativi” e collegati all'incertezza politica.

Il rallentamento della crescita e il peso della crisi hanno colpito in modo sproporzionato la popolazione lavoratrice e le giovani generazioni. Il Fondo monetario internazionale chiede tagli alle pensioni. “L'elevata spesa pensionistica andrebbe ridotta nel medio periodo – afferma l'istituzione di Washington – per gestire le pressioni di bilancio che persisteranno prima che si materializzino i risparmi previsti sul sistema pensionistico nel lungo termine”. Per l'Fmi, nonostante le riforme, “persistono sacche di eccesso” nel sistema pensionistico italiano. Tra le proposte vi è anche quella di reintrodurre l'Imu sulla prima casa, tassa eliminata “data la sua impopolarità”.

Il Fondo sottolinea l'importanza delle riforme che “hanno avuto successo nel sostenere la crescita” e invita le autorità ad andare avanti anche sulla strada della riduzione del debito. “Le riforme strutturali sono essenziali per aumentare il potenziale di crescita e migliorare la competitività”, così l'Fmi ritenendo il debito ancora troppo elevato.

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