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Fiat Auto Chrysler, esordio a Wall Street senza clamore

Fiat Auto Chrysler sbarca a Wall Street ma lo fa in sordina, dopo aver dato l’addio a Piazza Affari con un ultimo calo delle quotazioni venerdì. Un’operazione che darà più visibilità al gruppo presso la comunità finanziaria, ma non è detto serva a dare un miglior futuro al gruppo dal punto di vista industriale…
A cura di Luca Spoldi
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Se qualcuno aveva sperato che potesse far rumore, è rimasto deluso. Lo sbarco a Wall Street di Fca (Fiat Chrysler Automobiles) e di conseguenza la sua quotazione “anche” a Milano, mercato secondario per il titolo della società nata dalla fusione della “vecchia” Fiat Auto (il cui titolo ha salutato per l’ultima volta Piazza Affari venerdì scorso chiudendo a 6,94 euro per azione (in calo del 2,12% dalla chiusura di giovedì) dopo ben 111 anni di presenza ininterrotta sul listino italiano, è passato nel quasi totale silenzio, complice anche la festività del Columbus Day che oggi toglie spessore agli scambi della piazza newyorkese e distrae investitori e giornalisti. Se non è un flop, insomma, poco ci manca, almeno dal punto di vista mediatico.

A salvare la giornata, nel momento in cui scriviamo, è l’andamento del titolo (il cui ticket è FCAU), che dopo poco più di un’ora e mezza di lavoro oscilla appena sotto i 9 dollari per azione, vale a dire in rialzo del 2,5% rispetto all’ultima chiusura a Milano del “vecchio” titolo Fiat, rispetto ad un mercato sonnecchioso ma comunque prudente (l’indice S&P 500 che riunisce i 500 principali titoli del listino cede al momento lo 0,28%). Segno che almeno per oggi gli investitori vogliono dare fiducia ai piani di Sergio Marchionne che vorrebbe entro il 2018 far salire del 60% circa i veicoli immatricolati da quello che è attualmente il settimo maggiore produttore automobilistico mondiale e che tuttavia soffre ancora di due gravi lacune: una presenza ancora marginale in Cina e un debito (pari a fine giugno a 9,7 miliardi di euro, ovvero 12,3 miliardi di dollari) che potrebbe rallentare lo sviluppo, finendo col far recitare tra 5-10 anni (quando secondo Marchionne ci saranno le condizioni per un nuovo riassetto del settore e la nascita di un nuovo numero uno mondiale) più un ruolo di preda che di polo aggregante.

Ma perché Fiat ha dovuto dire addio a Piazza Affari e sbarcare a Wall Street sotto nuove spoglie? Gli analisti sono abbastanza concordi nel fatto che questo serva sia da un punto di vista di visibilità del gruppo nei confronti dei grandi investitori finanziari (che secondo alcuni potrebbero in futuro entrare con più decisione nel capitale favorendo eventualmente quel “passaggio di mano” dalla famiglia Agnelli a una nuova proprietà che finora si è sempre evitato), sia a raccogliere, eventualmente, nuovo capitale (a fine ottobre è prevista una riunione del Cda per valutare l’adeguatezza della struttura di capitale del gruppo). Vista a distanza, ossia dall’Italia, il piano di Marchionne e lo sbarco a New York sembrano l’ennesima scommessa di un manager che ha saputo perfettamente tenere sulla corda i suoi interlocutori politici e sindacali dalle due parti dell’oceano in questi anni, ma che non sempre ha mantenuto gli obiettivi inizialmente stabiliti in termini di investimenti e crescita.

Se vorrà riuscirci oltre che a sperare in un’ulteriore crescita delle vendite di Chrysler negli Usa, Marchionne dovrà riuscire a vendere molte più Jeep in Europa e Asia e a ricollocare nel segmento dell’alto di gamma un marchio “storico” e “fascinoso” ma molto appannato in questi anni come Alfa Romeo, centrando un obiettivo che il gruppo italiano insegue da quasi trent’anni: riportare il “biscione” a competere alla pari con Audi, Bmw e Mercedes. Marchionne dalla sua ha il salvataggio di Fiat di dieci anni or sono e quello di Chrysler di cinque anni fa: riuscirà nei prossimi 5 anni o meno a compiere un terzo e definitivo “miracolo” mettendo in sicurezza anche il futuro del gruppo? E se sì, lo farà conservando un’anima italiana o dando definitivamente addio (salvo che per produzioni di eccellenza ma di nicchia come Maserati e Ferrari) al “bel paese”? A queste domande non risponde per ora lo sbarco del titolo a New York.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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