Due detenuti rivelano: “Delrio strinse la mano al boss” (che quel giorno era in prigione)
Sono Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian su L’Espresso a riportare un particolare interessante di una inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia. Il caso riguarda direttamente il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio, tirato in ballo da due detenuti nel carcere di Parma. Si tratta di “Domenico Curcio, prestanome di un clan ’ndranghetista, finito in cella due mesi prima e poi condannato a 4 anni nel processo con il rito abbreviato “Aemilia”, e l’ex giornalista sportivo Marco Gibertini, a cui i giudici hanno inflitto 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa per aver messo in piedi, a Reggio Emilia, una sorta di ufficio stampa dell’organizzazione”.
I due, commentano in maniera sibillina un servizio televisivo che vede protagonista Graziano Delrio, ex Sindaco di Reggio Emilia:
«Quello scemo sulla destra… era il sindaco di Reggio Emilia!». «Quello… sì! Di Reggio Emilia? Il sindaco di Reggio Emilia?», domanda Curcio. «Eh… Delrio! Quando è andato a Cutro ha dato la mano a quello là». «A Nicola?». «Uhm!». «Non lo hanno arrestato?», chiede infine Curcio. «Ma no! Perché poi ha mangiato la…»
Per i carabinieri “Nicola” è Nicolino Grande Aracri, capo della cosca omonima che fa affari proprio nella zona emiliana. Dunque l’intercettazione sembrerebbe ipotizzare rapporti fra Delrio e un boss della ndrangheta di Cutro, con forti legami in Emilia.
Il punto, come ha scoperto L’Espresso, è che nei giorni della visita di Delrio a Cutro, il boss era nel carcere di Catanzaro, dunque non può aver materialmente stretto la mano al ministro.
Delrio che, raggiunto telefonicamente, spiega:
Questa seconda intercettazione che voi avete scovato negli atti del processo reggiano fa riflettere. A Cutro sono rimasto solo 24 ore, e ho svolto solo incontri istituzionali con il sindaco. In piazza ovviamente avrò stretto centinaia di mani, potevano essere di chiunque. Nicolino Grande Aracri so benissimo chi è, conosco la sua storia criminale, ma non so che faccia abbia visto che non lo conosco. Non posso avergli stretto la mano durante il viaggio a Cutro, come dice Gibertini, visto che il boss era in carcere: l’intercettazione mi sembra un po’ telefonata.