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Dell’Utri: “Si avvicina la fine per me e sono in cella, dovevo farmi arrestare prima”

L’ex senatore condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa parla dal carcere: “Mi sento come un prigioniero della guerra contro Berlusconi, anche se ormai lui non lo sento più”.
A cura di Biagio Chiariello
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“Mi trovo qui dentro a 75 anni, vedo avvicinarsi il finale di partita e sinceramente mi dispiace passarlo qui anziché con la mia famiglia, i miei nipoti e i miei più cari amici”. Sono parole davvero amare quelle di Marcello Dell’Utri, intervistato dal Corriere della Sera, nel carcere romano di Rebibbia, dove l’ex senatore e fondatore di Forza Italia sta scontando 7 anni di pena per concorso esterno in associazione mafiosa, dopo due anni trascorsi nel penitenziario di Parma e due mesi in una prigione in Libano, dove fu arrestato mentre cercava di organizzare la latitanza. “Questa è una leggenda metropolitana — ribatte —. Le pare che se avessi voluto sottrarmi alla giustizia avrei soggiornato nel più famoso albergo di Beirut? Ero andato a verificare la possibilità di una collaborazione tra la mia fondazione ‘Biblioteca di via Senato’ e un’analoga fondazione culturale dell’ex presidente Gemayel”.

Le giornate sono sempre uguali per Dell’Utri: due ore di passeggio in cortile, la mattina nell’area universitaria con i reclusi che studiano Giurisprudenza, il pomeriggio chiuso in cella a studiare per il prossimo esame in Lettere e Storia all’università di Bologna, la sera a sbrigare la corrispondenza, qualche volta un po’ di televisione, e poi a letto: “Un’esistenza quasi monastica, anche se manca il silenzio; c’è sempre troppo chiasso” dice a Giovanni Bianconi del Corsera. Dell’Utri ricorda gli anni della sua candidatura a Forza Italia: “Vent’anni fa mi sono candidato per difendermi nei processi, come ho sempre ammesso, e ho sbagliato. Lo status di parlamentare mi ha evitato la carcerazione preventiva e ha allungato i processi, ma avrei fatto meglio a farmi arrestare prima e scontare subito la condanna, quando avevo cinquant’anni; oggi sarei libero, un uomo saggio con un bagaglio di esperienza in più” ammette. A proposito della sua condanna, Dell’Utri ammette di aver conosciuto “solo Vittorio Mangano e Gaetano Cinà , senza sapere che fossero mafiosi” e di aver partecipato “alla festa di matrimonio di quel Jimmy Fauci, altra persona di cui non conoscevo le attività criminali”.

Nega invece gli incontri con i boss Bontate, Teresi e Di Carlo, che risalirebbero addirittura agli anni Settanta. “Io non mi sento un condannato detenuto, bensì un prigioniero che ha perso una guerra ancora in corso contro Silvio Berlusconi” dice. Dell’Utri ormai non sente più l’ex premier “Ogni tanto gli mando gli auguri, e lui mi ha mandato i saluti attraverso l’amico Confalonieri e altri che sono venuti a trovarmi. Ho ricevuto le visite di Brunetta, Romani, Toti, Palmizio, Prestigiacomo, Bernini, Gasparri, Santanchè e molti altri. Mi hanno fatto piacere”.

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