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Crotone, il ristorante è di un pentito: in 2 mesi cancellati 30 banchetti già prenotati

Il locale apparteneva a Giuseppe Giglio, collaboratore di giustizia nel processo Aemilia. “Due o tre disdette possono capitare, ma 30 sono il sintomo di una manifesta ostilità”, è il commento dell’avvocato responsabile del ristorante.
A cura di S. P.
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Su Tripadvisor in tanti lo classificano come “eccellente” e sono invece pochi quelli che si sono lamentati per la qualità del cibo o del servizio. Eppure in due mesi al ristorante agriturismo “Giglio” di Crotone sono arrivate ben 30 disdette per banchetti di nozze già prenotati. A ricostruire cosa è successo è un articolo del Corriere della Sera, che scrive che quel ristorante in Calabria appartiene, o almeno apparteneva, a Giuseppe “Pino” Giglio, ritenuto esponente di spicco delle cosche locali e ora collaboratore di giustizia nel processo Aemilia. Pochi giorni fa sono arrivate pesanti condanne in appello contro esponenti dei clan calabresi trapiantate al nord. “Due o tre disdette possono capitare, ma 30 sono il sintomo di una manifesta ostilità”, è il commento di Rosario Di Legami, l’avvocato responsabile del locale da quando è stato tolto ai proprietari e posto sotto la tutela dello Stato. “Succede ancora così al Sud e a me che ho in gestione beni o aziende confiscate alla mafia, non è la prima volta che capita”, ha detto ancora l’avvocato. Due settimane fa il ristorante di Crotone è stato confiscato in seguito alla sentenza di secondo grado del processo Aemilia. Pino Giglio che per la sua collaborazione si è visto ridurre la pena da 15 a sei anni di reclusione.

L'avvocato: "Per ostilità o paura ci hanno voltato le spalle" – “Non nascondo che il nostro arrivo ha provocato degli attriti, se così li posso definire – ha detto il legale – e molti, per ostilità o per paura ci hanno voltato le spalle. E così il ristorante, che viveva dei ricevimenti e banchetti di nozze ha avuto un tracollo: 30 disdette in due mesi, pranzi che prevedevano di mettere a tavola ogni volta dalle 30 alle 50 persone. Troppe per poter parlare di coincidenze”. Ma l’avvocato è deciso a non mollare per più ragioni: “Per chi lavora qui, prima di tutto, che prima lavorava in nero e ora è assunto regolarmente: facciamo capire loro che la legalità conviene, che in questo modo avranno una pensione, dei contributi, dei diritti. E poi per tutte le persone oneste che vivono qui e che sono tante. Solo così possiamo testimoniare la presenza dello Stato e l’affermarsi della legalità”.

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