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Combattere la camorra? La parola alla DDA di Napoli [VIDEO]

Secondo i sostituti procuratore Giovanni Conzo e Catello Maresca, magistrati della DDA di Napoli a cui si devono colpi mortali al clan dei casalesi come la cattura di Michele Zagaria, è necessario riformare il nostro Ordinamento: confisca dei beni e loro riutilizzo, minori restrizioni alle condanne per concorso esterno in associazione mafiosa e nuova certificazione antimafia – questi i punti cardinali.
A cura di Alessio Viscardi
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giovanni conzo e catello maresca

Contrastare la mafia mettendo mano alle leggi sulla confisca dei beni, sulla certificazione antimafia e sulla possibilità di condannare politici collusi con i clan: queste le proposte fatte da due colonne della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, i pm Giovanni Conzo e Catello Maresca, presenti lo scorso sabato all'incontro con Salvatore Borsellino organizzato dal movimento delle Agende Rosse della Campania.

Giovanni Conzo ricorda quello che accadde nel 1992 – quando appena superato il concorso per entrare in magistratura, col sogno di andare a Palermo a seguire le orme di Falcone e Borsellino, arrivarono le stragi e tutti i candidati fecero domanda per essere trasferiti in Sicilia. Quel periodo non è ancora finito, ammonisce Conzo, tanto è vero che un pentito di camorra ha confessato recentemente di aver ricevuto l'offerta di un milione di euro per uccidere il pm Alessandro Milita – tra coloro che chiesero l'arresto per l'allora sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino. Il richiedente dell'omicidio era un grosso imprenditore del settore dei rifiuti. "Qui si salda l'imprenditoria e la malavita" dice Conzo.

[quote|left]Giovanni Conzo|Un milione di euro per uccidere il pm Milita[/quote]"Io mi sento un'Agenda rossa, da voi noi magistrati prendiamo la forza di combattere la camorra" dice rivolgendosi a un attentissimo pubblico. "Zagaria consigliava sempre ai suoi affiliati di lasciar stare gli imprenditori grossi, che fanno arrivare i soldi alle casse del clan. Finché non colpiamo questo nodo, il clan dei Casalesi esisterà per sempre". Come farlo, secondo il pm? Bisogna colpire chi ha tanti soldi senza poter dimostrare da dove arrivano: sono chiaramente frutto di riciclaggio, ma non esistono norme per colpirli se non si trova la prova della loro colpevolezza: "Bisogna riconsegnare questo patrimonio alla collettività".

"Bisogna colpire il sistema del voto di scambio: la camorra fa eleggere i propri candidati portando a loro voti, in modo da ricevere appalti pubblici dall'amministrazione" questo è un altro dei nodi da sciogliere. "Non siamo in grado di colpire i politici che fanno affari con la mafia, perché le ditte che vincono questi appalti sono intestate a prestanomi. Così non possiamo applicare il concorso esterno in associazione mafiosa, perché manca la prova dell'agevolazione concreta ricevuta dal politico". Come superare questo intoppo? Secondo Conzo bisogna sanzionare non soltanto il politico che trae vantaggio, ma condannare qualsiasi tipo di accordo tra politici e camorra – anche in assenza di prova concreta del vantaggio ottenuto.

"Ho ricevuto una nuova minaccia di morte ieri, il giorno del mio compleanno" esordisce così l'uomo che ha catturato la primula rossa del clan dei Casalesi, Michele Zagaria. Il pm Catello Maresca, dopo aver parlato del logorio psicologico provocato dal fuoco incrociato di pressioni istituzionali e minacce della malavita. "Vedendovi qui, così tanti e così passionali, mi avete fatto passare lo sconforto" dice, rivolgendosi alle Agende rosse in sala. "Vorrei lanciare alcune idee, soprattutto contro uno spot pubblicitario come il testo unico antimafia – che raccoglie soltanto le leggi vigenti, inadeguate".

"La mafia non può essere considerata al pari del furto in appartamento" come accade nel nostro Ordinamento giuridico. "Nessuno è venuto da noi magistrati che combattiamo le mafie a chiederci quali misure dovrebbero essere introdotte e quali, invece, non vanno bene. Come la certificazione antimafia, che serve soltanto a creare una facciata dietro alla quale le aziende dei clan possono nascondersi".

"I beni confiscati alla camorra non vengono utilizzati, salvo rare eccezioni gestite da cooperative con finalità sociali. Dovrebbero essere valorizzati, anche economicamente, in modo da utilizzare le risorse economiche ricavate per combattere mafia, camorra e ‘ndrangheta. Combatterli con i loro stessi soldi, questi è la strada da seguire". Sono 5 miliardi di euro i fondi sequestrati ai clan negli ultimi due anni, invece di poterli adoperare in circuiti positivi, lo Stato è costretto a metterli in deposito su conti corrente infruttiferi, a disposizione delle banche: "Sono infruttiferi, nemmeno gli interessi sopra ci pagano!" si lascia andare il pm.

"Non ci sono i soldi per pagare gli straordinari agli uomini che rischiano la vita per farci da scorta, né ai cancellieri" continua Maresca "Sapete quanto hanno guadagnato i colleghi che hanno lavorato fino a mezzanotte quando Setola uccideva un giorno sì e l'altro pure? Zero euro, gli abbiamo offerto una pizza. Anzi, rischiano spesso procedimenti disciplinari!" – questa la situazione paradossale in cui versa la giustizia napoletana, mentre i Governi si sono vantati della "cattura dei latitanti" e del cosiddetto "modello Caserta". Poi, con la voce rotta dall'emozione, il pm conclude: "Mi è venuta voglia di avere un quaderno dove scrivere di tutte le nostre indagini, degli indizi e delle collusioni importanti. Mi è venuta voglia di avere un'agenda rossa".

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