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Caso Pantani, il nuovo testimone: “Ero nella stanza di fianco, non ho sentito nulla”

Nuovo fondamentale elemento a favore della tesi d’omicidio sostenuta dalla famiglia. Ha parlato, per la prima volta a distanza di 10 anni, chi in quel 14 febbraio occupava la camera adiacente a quella del Pirata.
A cura di Alessio Pediglieri
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Un altro colpo di scena a dieci anni dalla scomparsa del Pirata agita le notti della famiglia Pantani che da subito ha lottato contro tutto e tutti rivendicando che per Marco non si è trattato di un suicidio per overdose di cocaina ma di omicidio attentamente occultato da coloro (o colui) che l'ha commesso. Una tesi forte, in antitesi con le indagini e il primo giudizio della scientifica che archiviò il caso di quell'oramai tristemente famoso 14 febbraio 2004 come un semplice suicidio. Che di semplice, oggi più che mai non ha nulla anche grazie al lavoro effettuato negli anni dai legali della famiglia e a nuove testimonianze che rivoltano come un calzino ciò che si è sempre creduto (preteso) di sapere.

Tanti i dubbi, moltissime le incongruenze, troppi gli elementi oramai privi di senso. Le domande sono tante ma sempre le stesse e si possono racchiudere in una sola, terribile: "Perché la scientifica non ha mai analizzato subito fino in fondo tutti gli elementi a propria disposizione archiviando la morte subito come suicidio per overdose di cocaina?". Forse si riuscirà a dare una risposta definitiva a questo interrogativo ma è sempre più difficile. L'albergo ‘Le Rose' dove si consumò il decesso del Pirata oramai non c'è più, della scena del delitto restano le 180 fotografie della scientifica il referto del medico legale. Oltre all'autopsia sul cadavere del campione romagnolo.

Tutti dati ‘oggettivi', con cui fare i conti, prove concrete che supportano la prima tesi archiviata e cioè quella che Marco Pantani in quella mattina di febbraio in preda ad un raptus provocato da una overdose di cocaina, diede in escandescenze mettendo a soqquadro la propria stanza per poi crollare a terra senza più vita. Ma a questi elementi, negli anni successivi si sono aggiunte nuove perizie legali da parte della famiglia che ha sempre sostenuto la teoria dell'omicidio, nuove analisi dei fatti di quel giorno che contrastano con le prove ‘oggettive', fino a nuove straordinarie testimonianze. Straordinarie perché – incredibilmente – fino ad oggi non erano mai state rilevate dagli inquirenti e c'è voluto tutto il lavoro legale di Antonio De Rensis, avvocato di famiglia, perché venissero a galla.

Prima la ricostruzione di quelle terribili ore precedenti e concomitanti la morte con le incongruenze delle testimonianze delle persone addette alla reception che ricevettero le telefonate di Pantani tutt'altro che in preda ad una crisi e che richiamavano l'attenzione su ‘qualcuno' che lo stava importunando. Tanto da richiedere l'intervento della polizia che mai fu avvisata dopo che gli stessi impiegati dell'albergo si erano sincerati che non vi fossero effettivamente rumori molesti. Poi l'ipotesi dell'entrata secondaria e un itinerario alternativo a quello che passava dalla hall principale e dalla reception e dal quale si poteva raggiungere le stanze – tra cui quella del Pirata – ‘indisturbati'.

Adesso, l'incredibile testimonianza di ‘Marco', classico elemento a sorpresa, che quel giorno di 10 anni fa era con la madre nella stanza adiacente a quella di Pantani e che assicura – in esclusiva intervista a Sky – che "la sera prima della sua morte lo avevo incontrato e ci avevo parlato per un quarto d’ora, poi ero andato in discoteca con amici e feci le ore piccole. Il giorno dopo mi sono svegliato tardi, verso l’una, quindi non ho sentito niente. Solo parlando con mia madre abbiamo pensato a quei rumori, che ci sembravano di una donna delle pulizie". Un teste mai ascoltano fino ad oggi eppure un elemento fondamentale che suffraga l'ipotesi che in quella stanza non ci fu nessuna incandescenza, che Pantani non era in preda ad un delirio d'overdose come invece dimostrava la stanza sotto sopra. E ancora, il testimone sottolinea un altro dato importantissimo: "Ci dissero che la morte poteva essere avvenuta nella mattinata e noi eravamo in stanza. La nostra stanza era sulla destra, l’edificio era datato quindi non c’era un grande isolamento acustico".

Elementi che arricchiscono il nuovo fascicolo aperto nell'agosto di quest'anno in cui la procura di Rimini ha avviato una nuova indagine per omicidio, riaprendo ufficialmente il caso. "Tutti questi elementi, insieme alle parole del testimone e al fatto che sua madre non sia mai stata ascoltata mi inducono a ribadire che non c’è nulla che abbia senso in questa storia. E’ necessario procedere con nuovi accertamenti. Possibile che quella furia si sia sfogata praticamente in silenzio?". Una domanda più che legittima alla quale adesso si avrà l'obbligo di dare una risposta. Chiara e definitiva. Come l'attende da dieci anni quello specchio ritrovato a terra nel bagno della stanza del Pirata sopra il quale c'erano uno sgabello e una padella ma senza una minima scheggiatura e diligentemente svitato dalla parete. In uno stato di caos apparente che probabilmente è giunto alla fine.

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