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Caso intercettazione Crocetta, pm chiede giudizio immediato per giornalisti dell’Espresso

La procura di Palermo accusa i due giornalisti di calunnia e notizie false in merito alla presunta intercettazione tra il governatore e il medico Tutino sull’ex assessore Borsellino.
A cura di Antonio Palma
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Dopo mesi di indagine i magistrati della Procura della Repubblica di Palermo hanno chiesto il giudizio immediato per i giornalisti dell'Espresso che nel luglio scorso pubblicarono la famosa intercettazione telefonica tra il Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta e il medico Matteo Tutino. Secondo i due reporter il Governatore e Tutino nella loro conversazione si riferivano all'ex assessore alla Salute Lucia Borsellino. Una frase attribuita al Tutino in particolare fece molto scalpore: "Questa va fatta saltare come suo padre". Il medico aveva sempre negato di aver riferito quella frase e anche Crocetta, accusato di non aver replicato alla frase, aveva spiegato di non verla mai sentita e di essere pronto ad agire per vie legali. Gli stessi magistrati che indagavano il medico Tutino per truffa avevano sempre negato l'esistenza dell'intercettazione assicurando che non era mai stata agli atti.

A firmare la richiesta di giudizio immediato per i due giornalisti Piero Messina e Maurizio Zoppo è stato, insieme all'aggiunto Leonardo Agueci e al pm Claudio Camilleri, lo stesso procuratore Francesco Lo Voi, che subito dopo la pubblicazione della notizia smentì più volte l'esistenza dell'intercettazione. I due cronisti sono accusati dai pm di calunnia e di diffusione di notizie false ed esagerate. La parola ora passa al gip che dovrà decidere entro cinque giorni se accogliere o meno l'istanza della Procura, poi la difesa farà le sue richieste in merito ad un eventuale procedimento con rito abbreviato. I due giornalisti dal loro canto hanno sempre confermato di aver ascoltato effettivamente quella conversazione indicando nel capitano Cosentino del Nas di Palermo la fonte della notizia. Per questo per loro anche l'accusa di calunnia ai danni dell'ufficiale dell'arma che, interpellato dagli inquirenti, ha negato ogni addebito.

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