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80 anni fa muore Lovecraft: i racconti più spaventosi del “Solitario di Providence”

Sono trascorsi molti anni dalla scomparsa di H. P. Lovecraft, ma i suoi racconti dell’orrore continuano ad affascinare generazioni di lettori. Il genio del “Solitario di Providence” ha dato vita a universi paralleli e a mondi popolati da mostri indescrivibili: ecco alcuni esempi.
A cura di Federica D'Alfonso
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Nyarlathotep, personaggio de "I sogni nella casa stregata", illustrazione di Jens Heimdahl.
Nyarlathotep, personaggio de "I sogni nella casa stregata", illustrazione di Jens Heimdahl.

Il 15 marzo del 1937 muore Howard Phillips Lovecraft, uno dei più grandi scrittori di letteratura horror, secondo solo ad Edgar Allan Poe. Stroncata dalla critica, che la definì troppo “straniante”, la sua produzione letteraria è immensa, e negli anni ha ispirato non soltanto la grande narrativa fantascientifica, ma anche il cinema e la musica.

Il prodotto letterario più famoso di Lovecraft resta senz'altro il Necronomicon, quello che in gergo si definisce uno “pseudobiblium”: un libro mai scritto ma citato nei suoi racconti come se fosse vero, che dà vita a centinaia di storie popolate da fantasmi, mostri e strani personaggi mitologici. Ma l'universo mostruoso di Lovecraft non si ferma qui: egli fu il primo a scrivere di mondi e universi paralleli, di vite extraterrestri e di fenomeni paranormali. Una letteratura certamente non semplice la sua, ricchissima di suggestioni e figure controverse difficili da classificare, e affollata di mostri e terrori scaturiti direttamente dal buio del subconscio umano. Ecco tre racconti, fra i più belli e terribili che Lovecraft ha mai scritto.

La città senza nome”

Il racconto è ambientato nel deserto d'Arabia, dove si trova una antichissima città apparentemente disabitata: senza nome, perché "non esiste nessuna leggenda così antica da darle un nome, o da ricordarla viva". Il protagonista, che è anche la voce narrante, viene attirato nella città da misteriose folate di vento che improvvisamente si sprigionano dalle mura diroccate. Una volta dentro, sceso fino ai meandri più oscuri e terribili di questa antica città, il protagonista fa una scoperta inquietante.

Comunicare un'idea di quelle mostruosità è impossibile. Erano della famiglia dei rettili: le linee del corpo facevano pensare a volte al coccodrillo, a volte alla foca, ma più spesso a nulla di cui avessero mai sentito parlare il naturalista e il paleontologo. (…) Le corna, l'assenza di naso e le mandibole da alligatore mettevano quelle cose al di fuori di tutte le categorie stabilite.

Il racconto è esemplificativo di una delle suggestioni più ricorrenti nei racconti di Lovecraft: la presenza quasi “mitologica” di ere geologiche precedenti l'avvento dell'umanità, popolate da razze extraterrestri e da divinità ancestrali e terribili, custodi di segreti innominabili e di culti sacri sanguinari, i cui segni parlano ancora oggi a chi è disposto ad ascoltarli.

I sogni nella casa stregata”

Questo lungo racconto è considerato fondamentale dai critici per comprendere l'evoluzione dell'immaginario di Lovecraft, in quanto per la prima volta lo scrittore parla di universi extradimensionali. Al centro della storia ci sono i sogni di Walter Gilman, uno studente che vive in una stanza in cui aveva abitato, nel Seicento, una vecchia strega. La megera sarebbe riuscita a sfuggire ai roghi dell'Inquisizione tramite un'incantesimo scritto col sangue sulle pareti: Walter trova questi segni, e attraverso di essi la porta d'accesso ad altri spazi e altre dimensioni, mediante sogni a metà strada fra il surreale e la malattia psicotica.

Nei sogni più profondi ogni cosa era più distinta, e Gilman sentiva che quegli abissi dalla luce soffusa erano quelli della quarta dimensione. Quelle entità organiche i cui movimenti sembravano in modo evidente meno estranei, dovevano probabilmente essere le proiezioni di forme di vita provenienti dal nostro stesso pianeta, inclusi gli esseri umani.

Il colore venuto dallo spazio”

Iniziatore del genere fantascientifico, il racconto ha ispirato ben tre film: “La morte dall'occhio di cristallo” del 1965, “La fattoria maledetta” del 1987 e “Virus: Extreme Contamination” del 2015.

In termini di materia suppongo che la cosa sia un gas, ma obbediente a leggi che non sono quelle del nostro cosmo; non è un soffio dei cieli di cui i nostri astronomi misurano i moti e le dimensioni. Era soltanto un colore venuto dallo spazio, messaggero spaventoso degli informi reami dell’infinito, al di là della natura che conosciamo.

Siamo in una valle del New England, detta “la landa folgorata”. Strane storie circolano su questo luogo spettrale, dove non nasce nemmeno un filo d'erba e tutto è ricoperto da una spessa coltre di polvere grigia. Il protagonista del racconto, un operaio che sta lavorando alla costruzione di una diga, cerca di indagare sulle strane morti e sui misteriosi fenomeni atmosferici che si verificano in quella zona: quando, alla fine, l'uomo comprenderà il mistero che avvolge la landa folgorata, impazzirà.

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