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Yara Gambirasio, Ris: “Impossibile diagnosi certa sulle tracce di dna”

Gli avvocati di Bossetti, nella richiesta di scarcerazione, citano la relazione degli esperti dei carabinieri. Il corpo di Yara Gambirasio “è rimasto troppo a lungo esposto alle intemperie e i reperti sono compromessi”. Per l’accusa le tracce sul corpo di Yara sono la prova regina contro il muratore.
A cura di Susanna Picone
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Le tracce appartenenti a Ignoto 1 trovate sul corpo di Yara Gambirasio che hanno portato all’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti non renderebbero possibile una diagnosi certa. Questa una delle conclusioni presenti nella relazione del Ris di Parma su cui poggia l'istanza di scarcerazione, rigettata dal gip di Bergamo, dei legali del muratore di Mapello in carcere dallo scorso 16 giugno. “Una logica prettamente scientifica che tenga conto dei non pochi parametri che si è tentato di sviscerare in questa sede non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da Ignoto 1 sui vestiti di Yara”, si legge nella relazione del Ris. A pagina 287 della relazione gli avvocati di Bossetti affermano come “pare quantomeno discutibile come a una eventuale degradazione proteica della traccia non sia corrisposta una analoga degradazione del Dna”. Inoltre nella relazione si ricorda come “lo studio analitico dei reperti oggetto della presente indagine è stato reso particolarmente difficile dal cattivo stato di conservazione degli stessi e dalla oggettiva complessità dei susseguenti esiti di laboratorio, non sempre ben interpretabili in ragione dell'elevato livello di degradazione biologica delle tracce presenti”.

L’attacco dei legali di Massimo Giuseppe Bossetti alla prova madre

Secondo i Ris di Parma l’esposizione prolungata del corpo di Yara Gambirasio alle intemperie per tre mesi (Yara scomparve il 26 novembre 2010 e fu ritrovata il 26 febbraio del 2011) “ha indubbiamente procurato un dilavamento delle tracce biologiche in origine certamente presenti sui suoi indumenti riducendone enormemente la quantità, compromettendone la conservazione e modificandone morfologia e cromaticità, tutto a svantaggio di una corretta interpretazione delle evidenze residuate”. Nell'istanza di scarcerazione gli avvocati di Bossetti, Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni, cercano di smontare quello che per l'accusa costituisce la prova principe, appunto il Dna trovato su corpo di Yara.

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