“Se potessi tornare indietro non farei figli”: il pentimento materno, quando essere mamma non è proprio una festa

La maternità è una scelta che sconvolge radicalmente la vita di chi desidera, e poi ha la possibilità di avere, un figlio. Come tutte le decisioni della vita, dunque, prevede la possibilità che le donne si scoprano capaci e giuste nel ruolo di madri, come si erano immaginate, o che, invece, provino una continua e tremenda nostalgia per la loro vita di prima.
In occasione della festa della mamma abbiamo indagato insieme alla professoressa di metodologia della Ricerca sociale, presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Alessandra Decataldo un fenomeno di cui si parla ancora troppo poco, il pentimento materno. "Le madri pentite non sono donne cattive o incapaci di dare amore ai figli, ma donne che quotidianamente si scontrano con la consapevolezza che nella vita avrebbero voluto essere altro".

Professoressa, cos'è il pentimento materno e in cosa differisce dalla depressione post-partum o dal baby blues?
Si tratta di fenomeni diametralmente opposti, legati tutti però all'enorme impatto che ha la maternità sul corpo e sulla vita delle donne. L'80% delle mamme, infatti, nelle prime due settimane successive al parto sperimenta il baby-blues, uno stato emotivo caratterizzato da umore altalenante, irritabilità, pianto facile, lieve stato ansioso e insonnia. Si tratta di una condizione fisiologica, dettata anche dai cambiamenti ormonali che il corpo della neo-mamma ha vissuto. Il 10-20% delle donne sviluppa poi dei sintomi depressivi importanti, in questo caso si parla appunto di depressione post partum, un disturbo clinico con una sintomatologia importante, caratterizzata da perdita di interesse per le attività quotidiane, difficoltà nel creare un legame con il bimbo, senso di colpa, ansia intensa, pensieri negativi e autolesivi che richiedono un'intervento medico.
Il pentimento materno, invece, è un sentimento profondo e persistente di rimpianto per la vita precedente che non comporta alcun disturbo psichiatrico nella donna. Infatti, non si tratta di donne che potrebbero fare del male a loro stesse o al loro bambino, ma di madri che si rendono conto, dopo aver dato alla luce loro figlio, che l'esperienza della genitorialità non faceva per loro. In breve, non si riconoscono nell'identità materna. Sicuramente in questo caso alle donne potrebbe giovare un supporto psicologico non tanto per trattare in qualche modo il loro sentimento, quanto più per esplicitarli e accettarli in una società che ritiene un tabù il pentimento materno.
Orna Donath nel suo testo “Pentirsi di essere madri” racconta che tutte le decisioni che si prendono nella vita comportano la possibilità di pentirsi, oggi, rispetto ad un tempo diventare genitori è a tutti gli effetti una scelta anche molto ponderata, perché però non si accetta il pentimento delle mamme?
Il pentimento delle mamme non viene accettato per una questione di tipo culturale, d'altra parte fare figli è stato il modo con cui la società si è perpetuata nel tempo. Pur di portare avanti la specie, la società ha dato vita al concetto di orologio biologico, istinto materno, ecc. costrutti che non hanno davvero nulla di istintuale. Le donne di oggi, a differenza di coloro che le hanno precedute, sanno bene che l'autorealizzazione non passa per forza dal dare alla luce un figlio. Un altro motivo per cui per la società è difficile accettare che le madri si pentano della loro decisione è che si tratta di un processo irreversibile, dare al mondo un figlio è ben diverso dal comprare un vestito che si può mandare indietro, una volta nato un bambino non si torna indietro.
5 mesi di congedo di maternità, part-time involontari alla nascita di un figlio, asili pieni e baby sitter che costano troppo. La società non parla di pentimento materno ma fa il possibile perché le madri senza aiuti si pentano di aver messo al mondo un figlio…
Sicuramente e ci tengo a dire che la situazione è anche peggiore di così, basta pensare al fatto che i 5 mesi di congedo di maternità non sono concessi alle libere professioniste o alle precarie e che gli asili nido comunali, che in alcune zone non sono facilmente accessibili, in altre aree non esistono nemmeno. Non a caso, come dimostrano i dati ISTAT, ci troviamo in una terribile fase di inverno demografico, considerando che nel 2024 sono nati 370.000 bambini, 10.000 in meno dell'anno precedente. Per invertire il trend e aiutare i genitori a conciliare la propria genitorialità con la loro vita, servirebbero seri investimenti governativi, non bonus palliativi versati una tantum che non coprono minimamente tutte le spese che comporta la crescita di un bambino.
Le donne dovrebbero sentirsi libere di parlare di pentimento materno con le amiche? Forse lo sarebbero di più se se ne parlasse più spesso in generale?
Più che con le amiche sarebbe bello che le donne avessero la possibilità di confrontarsi con altre madri che, come loro, hanno messo al mondo il loro bambino, lo amano, ma provano una profondissima nostalgia per la loro vita prima di lui. Il tutto dovrebbe avvenire in uno spazio sicuro, dinnanzi a un professionista non giudicante, come fosse un consultorio, aperto alle donne per tutta la vita, dal momento che il pentimento materno non è un sentimento transitorio, ma una malinconia che accompagna le donne per tutta la vita. Solo così le donne che si pentono della maternità potrebbero sentirsi meno sbagliate e meno sole. Inoltre, se questi sentimenti non vengono silenziati ma condivisi, si può dare origine a genitori molto più consapevoli, in grado di fare scelte ponderate.
Il pentimento materno può derivare anche dall'aver scelto di diventare genitori perché spinti dalle pressioni sociali?
Certo, Orna Donath nel suo testo "Regretting Motherhood" cita le parole di un'intervistata che ammette di essere diventata madre non per scelta propria, ma spinta da imposizioni sociali. Non si tratta di qualcosa di poi così insolito, pensiamo a tutte le domande che vengono fatte a una coppia stabile, dai parenti o dalla società, riguardo alla loro volontà di fare figli. Di conseguenza non deve stupire che accada poi di intraprendere questa strada pensando che sia scontata e di finire per riconoscere di non avere le caratteristiche per essere una madre.
Sentire la mancanza per la propria vita prima dei figli fa delle donne cattive madri?
Assolutamente no, credo che tutte le madri rimpiangano qualcosa della vita di prima, partendo da quelle più banali come la possibilità di concedersi più tempo con il partner come avveniva prima di un figlio, a quelle più importanti. Si tratta di un processo del tutto normale, dettato dal fatto che quando nasce un bambino vita cambia drasticamente e non si è cattive madri quando la notte, mentre il proprio figlio piange e non permette di riposare, si ripiangono le notti tranquille prima della gravidanza. Le madri pentite, nonostante rimpiangano sempre e in toto la vita di prima nell'esercizio specifico delle attività materne, non sono meno amorevoli o accudenti, provano solo una forte nostalgia della vita che non avranno più.
Quindi i loro figli non se ne rendono conto?
No, di solito i figli non subiscono alcuna ripercussione del pentimento materno, proprio perché la loro mamma è una donna psicologicamente sana, in grado di proteggere suo figlio e di non dirgli che non lo voleva. Si tratta semplicemente di una madre con una grande consapevolezza delle sue capacità genitoriali, che svolge il ruolo di madre comunque, che non fatica a costruire un legame con il suo bambino.
Insomma, essere madri non è proprio una festa. Si dovrebbe parlare un po' di pentimento materno durante la festa della mamma?
Sì, spero che sia un'occasione per non idealizzare il ruolo materno, per avere cura anche delle donne che, per scelta o per le circostanze della vita, non sono diventate madri e per ribadire che mamma e donna non sono sinonimi, perché la maternità non coincide con la realizzazione personale. Spero che la festa della mamma sia solo un'occasione per gioire all'interno delle famiglie in cui questa figura c'è e non un modo per festeggiare alcune madri a discapito di altre o alcune famiglie a discapito di altre. Le feste sono belle quando non si ferisce nessuno e se in una classe ci sono bambini che una mamma non la hanno, bisogna trovare strategie per non trasformare il giorno della festa della mamma, in un giorno di sofferenza.